Il torrente rivoluzionario precipitava e gli avvenimenti via via incalzavano. Tutti
i Comitati della Provincia, di risposta alla circolare del 27 luglio del capoluogo
aderivano al programma della Dittatura, dichiarata da Garibaldi in Salemi il 13
maggio, 3 giorni dopo lo sbarco in Marsala. Dappertutto si faceva a gara ad offrire
enormi somme; dal Comitato sammarchese si raccolse la somma di lire 2585, somma
che per mezzo del sig. Angelo Guzzolini fu fatta pervenire al Comitato centrale
di Cosenza, dal quale si ebbe lettera lusinghiera. Dalla sovradetta somma il Comitato
credette espediente ritenersi circa trecento lire da servire per la mobilitazione
dei militi che si debbono allineare nella colonna, duce il Commissario civile Domenico
Sarri.
(1) I 300 soldati di cardarelli
di guarnigione in Cosenza furono fatti capitolare; alle autorità Borboniche
che si dimisero o lasciarono fare, subentrarono i comitati insurrezionali. S.Marco
ruppe gl'indugi, rotto a rivolta; e il comitato del paese alle cantonate del quale
fece affiggere questo proclama:
CITTADINI
La causa della libertà d'Italia alla cui rivendicazione tutti gli Italiani
da tre secoli cooperarono, consacrando vita, sostanze e tutto per essa, è
vicina al suo trionfo. Gli sforzi fatti fino ad ora ci assicurano essere impossibile
tornare indietro. Sebbene Francesco II sia tuttora in Napoli, egli ha cessato di
regnare: si regnano nella Capitale il Comitato Ordine, nei Capoluoghi delle Provincie
i Comitati insurrezionali. Le nostre fila sono radunate per tutto il regno, la nostra
corrispondenza è con tutti i patrioti d'Italia. Garibaldi l'eroe leggendario,
che su la sua bandiera vittoriosa porta scritto:
Italia una col re Vittorio Emanuele, è alle porte. Noi dobbiamo insorgere,
è l'ora per spianargli la via. All'armi, dunque, all'armi!
Uno sia il grido: Italia una libera e indipendente dalle Alpi al mare con Vittorio
Emanuele!
F.to: IL COMITATO INSURREZIONALE
Era il 23 agosto nelle ore pomeridiane e il Comitato intero riunitosi in
piazza di sopra, ora Piazza Umberto I, previo invito ai cittadini in armi e ornati
il petto di coccarde, preparata la bandiera dei tre colori, proclamò la insurrezione.
Indi dal presidente levata in alto la bandiera si offrì al più vecchio
dei patrioti, al Campolongo, superstite delle due rivoluzioni del 1820 e 1848, il
quale con le tremule braccia levolla di mezzo ad una immensa folla di popolo, gridando
tre volte: Viva l'Italia una col re Vittorio Emanuele. Tutti a testa scoverta, risposero
ai tre evviva con un furore di grida, non mai intese e con plausi interminati. Allora
per la prima volta si cantò per le vie della città il canto di Luigi
Mercantini: Si scopron le tombe, si levano i morti, poichè avendo sì
dell'inno e sì della musica ricevuta da Napoli un esemplare, portatoci dal
signor
Gaetano Perri de Chiara [
De Chiara
era il cognome materno], l'abbiam subito fatto mettere in musica da
un musico, che trovavasi in San marco, certo Lugo, e tutta la notte sì con
questo che con altri canti patriottici si è girata tutta la città
aggiungendovi in talune case una bicchierata di Marsala.
Nel 31 agosto
Garibaldi entrava in Cosenza, nell'antica
capitale dei Bruzii, in mezzo all'entusiasmo, e direi, delirio di quei di parte
liberale, non solo, ma di tutta la città. Nominava pro Dittatore Donato Morelli
che a sua volta nominava sotto -Prodittatore i presidenti mandamentali, affinché
si adoperassero a mantenere l'ordine pubblico, e vegliassero che i nemici del nuovo
ordine di cose non ordissero insidie, e in ogni caso coi poteri, onde venivano rivestiti
si asoperassero in ogni guisa a procurare la quiete abbisognante per condurre a
termine l'opera redentrice.
Il Comitato rivestito della nuova responsabilità, reputò suo dovere
affiggere subito, dopo gli ordini ricevuti, alle mura della città le seguenti
disposizioni:
Oggi 31 agosto 1860
I componenti il comitato Sotto - Pro - Dittatoriale di questo Mandamento di S.Marco
Argentano riconosciuto ed autorizzato dal Governo Pro - Dittatoriale della Provincia
di Cosenza dispone:
- Che la Giustizia civile e penale continui il suo libero corso.
- Che funzioni di Capo della Guardia Nazionale il veterano delle italiche rivoluzioni
Generoso Campolongo, affinché coadiuvi
il Magistrato della Giustizia e i nostri impegni, con che è tutelato l'ordine
pubblico.
- Che assuma provvisoriamente la carica di Sindaco il signor
Giuseppe Candela, esercitata con lode in tempi anche difficili.
- Che dal Sindaco, dal Cpo della Guardia Nazionale e da tre mebri del Comitato, Angiolo Selvaggi,
Salvatore Campolongo, e Francesco Amodei
si proceda allo allistamento delle guardie che da se stesse scelgono il Capitano
- Che tutti i militi volontarii in seguito agli ordini del 19 agosto, si provvedano
di sacco a pane di tela o di cuoio, capace a contenere due pani, quattro mazzi di
cartucce e le relative mutande.
- Contemporaneamente si proceda all'iscrizione dei volontari che debbono spedirsi
subito al Commissario di Guerra Domenico Sarri per il campo delle Crocelle in S.Fili.
- Che tutti i distaccamenti mobilizzati abbiano due muli da basto scortati da vetturali
e muniti di scure, da pali di ferro, da zappe e da un sacco ordinario.
- Si noti che il Comitato non che provvedere a tutti i sovra detti oggetti, curerà
anche per le analoghe giornate.
- Che i contravventori a dette disposizioni saranno severamente puniti
Firmati i Componenti
Il Comitato sottoprodittatoriale
Per una volta ancora debbo chiamare in colpa i miei concittadini per aver
contravvenuto ai sopradetti ordini. Imbevuti del principio esiziale, che in tempo
di rivoluzione, le leggi perdono ogni vigore, e sia tutto permesso; cominciarono
a rumoreggiare a spavento altrui alcuni improvvidi con la speranza di pescare nel
torbido. Furono segnate alcune famiglie e alcuni individui, si armarono e minacciarono
sacco e fuoco, e si era proprio in procinto di eseguire il truce disegno. Ma tutti
i membri del Comitato insurrezionale, circondati da buon nerbo di guardie nazionali
uscirono in piazza in forma pubblica, e mettendo agli arresti quelli, che più
gridavano e di cui era noto d'aver mandato a famiglie di proprietarii lettere di
minaccia, estorquendo in ogni guisa. Si son fatte rimanere le guardie sotto le armi,
e così ritornò in paese l'ordine e la quiete. Volgiamo lo sguardo
da calamità di tempi ineluttabili a cui non posso pensare senza tristezza.
In Cosenza si venne in conoscenza di questo piccolo incidente, che come si suole,
esagerossi. Quindi mandossi qui un tal Ruffo, sotto la divisa di Capitano con una
cinquantina di Garibaldini. Egli era da Bovalino, prete spretato, fratello germano
dell'infelice Avv. Gaetano, fucilato in Gerace nel 2 ottobre del 1848 dal governo
borbonico. Il Comitato fe' del suo meglio per trattarlo e siccome aveva avuto ordine
esplicito per arrestare tre di S. Marco, in fama di borbonici si attribuivano i
tumulti di piazza, io impedî l'una cosa e l'altra, prendendoli sotto la mia
mallevaria, sebbene alcuni membri del Comitato fossero dissidenti.
Più tardi quattro o cinque indocili ed ostinati, armati di lunghe accette,
volevano fare man bassa sopra alcuni degl'imputati; ma di segreto ne feci eseguire
la fuga per certo termpo in luogo lontano.
Ricordo questo non per vanitosa iattanza, ma per rispondere all'arbitrio di malevoli
apprezzamenti che in quel tempo non mancavano; anzi i membri del Comitato diconvenivano
totalmente dalle mie idee conciliative, e ancora sopravviventi sono in caso di attestarlo.
Raccoltasi intanto la compagnia di circa cento volontarii, secondo gli ordini del
Comitato centrale, fu scelto da questi
Angiolo Selvaggi,
e furono preparati a partire per le Crocelle di S.Fili e non si mancò di
provvedere chi ne avesse avuto bisogno di soccorsi, facendo altrettanto alle famiglie
di essi. Nel giorno della partenza il capo Selvaggi, per trovarsi confinato a letto,
si fece provvisoriamente sostituire dal fratello germano
Carlo che sotto il comando del Sarri guidò il corpo dei volontarii
nel luogo designato dal comando della provincia. Da indi per ordini superiori, non
tutti ma una parte di essi fu condotta in Napoli dal terzo fratello
Selvaggi Baldasarre, dopo che i capi politici dei mandamenti, riunitisi
in Cosenza così stabilirono. Un'altra parte da
Giacomo Campolongo ed un'altra frazione dal capitano
Giuseppe La Regina, superstite soldato delle battaglie dell'indipendenza
italiana, furono condotte in Napoli e quivi fecero parte delle squadre che il primo
e il secondo giorno di ottobre combatterono presso Capua e non tornarono in paese,
se non quando dopo la presa di Capua furono rimandati a casa con sei mesi di paga.
(2) Alcuni partirono. Ma quelli che
si voltarono dalle crocette furono detti
Cacaallalirta...,
Assicuratosi, sarei per dire, il trionfo della rivoluzione e udendo che ovunque
si facevano azioni di grazie, nacque anche ai Sammarchesi il pensiero di fare altrettanto,
e quindi la cittadinanza fe' conoscere al Comitato che anche tra essi si fosse fatto
un ringraziamento, non foss'altro dicevano i buoni, per esser tutto quasi riuscito
a buon termine. Il Vescovo Parladore, che fintanto che Francesco II ancora era in
Napoli, aveva pregato che si smettesse, poiché non era conveniente un tale
atto, mentre ancora era sul trono, e per deferenza aggiornatosi era il Tedeum. Ma
quando Francesco si chiuse a Capua e quindi in Gaeta, addivenne al desiderio del
popolo, delle guardie e del Comitato, che dovette fare del bello e del buono per
far cosa non sgradevole al prelato, ch'era stato il difensore dei pretesi rei di
Stato; egli stesso salì in Cattedrale una con tutto il Capitolo a cantare
il Tedeum, e fece un elaborato discorso. Fu quello un giorno, la cui memoria rimarrà
sempre nella mente dei Sammarchesi. Balconi e finestre illuminati; per le vie gruppi
di giovani popolani cantanti inni patriottici, e non rifinendo mai di gridare i
soliti viva all'Italia, a Vittorio Emanuele e a Garibaldi.
E fra gli echi dei bellici canti
Garibaldi e Vittorio risuoni:
L'un modello di tutti i regnanti
L'altro eroe, che tant'opra compì
Fian due nomi di patrie canzoni.
Fia l'amore di un popol tranquillo,
Or che l'ombra di un solo vessillo
Tutt'Italia redenta s'unì.
Ma già la volta era compiuta, mancava la chiave di essa volta ed eccosi al
plebiscito ch'è la simbolica chiave di quella. Il 21 ottobre, preparato dal
Comitato con inviti, con istruzioni, con proclami affissi alle mura della piazza
di Basso, si compì pacificamente il
Plebiscito.
Ciascuno individuo portar dovea nel cappello un Sì, e presentarsi al tavolo
a cui era tutto il Municipio raccolto, e sul tavolo le due urne, pel sì l'una,
pel no l'altra che rimase vuota alla lettera. Il Comitato pel primo cinto tutti
i membri di fasce tricolori si presentò a votare col grido, viva l'Italia una
con Vittorio Emanuele! Viva Garibaldi. Così ebbe termine l'epopea nazionale.
L'opera del Comitato Sottoprodittatoriale, non appena subentrarono i poteri legali
cessò, e il Comitato si sciolse, con lonesta soddisfazione di aver fatto
ruispettare la religione, l'ordine pubblico e l'altrui nei giorni del suo potere,
e di non aver leso i diritti di nessuno. E prima di chiudere il presente capitolo
fa d'uopo ricordare parlando del Comitato, che i due popolani
Salvatore Scarpello e
Gennaro Fiorillo
prestarono a favore di esso l'opera loro gratuitamente. L'uno e l'altro affrontando
pericoli d'ogni guisa portando i bollettini del Comitato Ordine di napoli da Spezzano,
e mantenendo la corrispondenza sulla linea di Cosenza. E quando per sospetto delle
Autorità borboniche lo Scarpello fu carcerato, la moglie di lui
Anna Maria [Arcuri] chiudeva in casa il corriere di Spezzano, cui trattava
lautamente, e portava il bollettino al Comitato, nascosto in petto.
E così, dice il Cantù, compiva la rivoluzione fatta a nome dell'ordine
e terminava in Italia il dominio dei Borboni, cominciato il 1735 nelle due Sicilie.
In questo secolo di diciassette anni si è rinnovata la faccia del mondo,
e se volgiamo lo sguardo alla nostra fanciullezza, appena possiamo credere si tratti
dello stesso paese, si tratti del secolo stesso.
A duecentoquattordici Senatori e quattrocentoquindici Deputati si propose che il
Re del Piemonte assumesse il titolo di re d'Italia, cui ponendo fine ai ricordi
di provincia, di rivalità, e scrivendo le prime pagine di una nuova storia
nazionale.
L'epopea è finita, il parossismo della lotta è passato; è giunto
il di settimo, ove riposare: rannodati allo scettro di Savoia la biscia lombarda,
il leone veneto, le rose di S.Zenobio, i Gigli di S.Gennaro, la Lupa di Roma, sventolato
il medesimo stendardo da Susa a Catania, tolto col quadrilatero ogni pericolo degli
Austriaci, più non rimarrebbe all'Italia altro che conservare e consolidare
la sua unità.
(3)
(1) Gli offerenti
principali furono Gaspare Valentoni per L.600 e poi gradatamente La Regina, Selvaggi,
Campolongo, Candela, Amodei, Conti ed altri fra cui Misuraca, Talarico e Cristofaro.
(2) I nomi dei
volontari sono: Carlo Selvaggi, capo della squadra, dipendente da Sarri, Francesco
Blasi-Fera tenente, Vincenzo Sacchini portabandiera, Giuseppe Granito, Baldassarre
Misuraca, Nicola Tarsitano, Giuseppe Scarpelli furiere, Salvatore Rotondaro sergente,
Luigi Filosa, Francesco Sicilia sergente, Giuseppe Pastore caporale, Domenico Domanico,
Giuseppe Piemonte, Michele Capolupo caporale, Giuseppe Loffredo, Salvatore Novello,
Tommaso Arcuri, Carmine Martucci, Salvatore Noce, Giuseppe Sagula, Vincenzo Misuraca,
cassiere Domenico Sicilia, Camillo Matrangolo, Antonio Termine, Giuseppe Libonati
caporale, Giuseppe Frassetti, Nicola Patitucci, Francesco Aiello, Costantino Roberti
caporale, Antonio Credidio, Pasquale Aloia, Giuseppe Zasso, Francesco Chimenti,
Pasquale e Salvatore Ciraulo, Costantino Martino ed altri di Fagnano, di Ioggi e
di S. Lauro di cui non ricordo i nomi.
Una schiera di codesti volontari fu mandata a sedare in Pianura, piccolo paesello
presso Napoli, una sommossa, e quivi furono feriti non mortalmente Scarpelli Salvatore,
Piemonte Giuseppe, Sicilia Francesco, Rotondaro Salvatore e molti altri. Erano accompagnati
dal parroco di Mongrassano, sig. Romita Pasquale sammarchese, che tra i curati,
gl'insegnanti e i sacerdoti era in fama di zelante e d'istruito.
(3) Della Indipendenza
Italiana, Cronistoria di Cesare Cantù Vol.III par.II