Già mature nel tuo seno
Bell'Italia fremean l'ire;
Sol mancava il dí sereno
de la speme. e Dio il creò:
Di tre secoli il desire
In volere ei ti cangiò,
Tutti unisca una bandiera!
Fu il clamore de le squadre
D'ogni pio fu la preghiera,
D'ogni savio fu il voler:
D'ogni sposa, d'ogni madre
Fia dei palpiti il primier.
(Berchet, Clarina Rom.)
Tutto il decennio dal 1848 al 1859 può dirsi non essere stato altra che una
preparazione al 1860; opuscoli succedevano ad opuscoli: il
Papa e il
Congresso,
Napoleone III e la
Confederazione italiana, mandati dalla Francia,
il
Papato e la
Democrazia di Giuseppe Montanelli, si leggevano avidamente,
e sarei per dire, pubblicamente si commentavano a seconda dei desiderii, le passioni
e le notizie, che si aveano. Programmi succedevano a programmi; quali il
murattiano,
il
mazziniano, e quello di Trivulzio Pallavicino, l'unitarismo, di già
abbracciato in S.Marco. La rivoluzione cangiava sistemi, discipline; e quasi dalla
maggioranza dei patrioti italiani come di tutte le Calabrie si convenne nella formola
del prigioniero dello
Spielberg, del compagno del Pellico,
Italia una
e
Vittorio Emanuele; formola attuata da Garibaldi, intorno alla quale fin
dalla battaglia di Solferino si fé convergere la azione dei liberali di quasi
tutte le gradazioni.
La guerra di Crimea avea rinfocolato il fuoco: i proclami di Vittorio Emanuele all'esercito,
la vittoria riportata dagli alleati italiani su la Cernaia e la caduta di Sebastopoli
parlavano alle nostre fantasie come qualcosa di fatidico. Il morelli di Rogliano,
posto di accordo col Comitato
Ordine, costituitosi in Napoli fin dal 1857
sotto la presidenza del D'Afflitto, iniziò lavoro di ricognizione delle forze
dei liberali in Calabria, interrotto per l'attentato di Agesilao Milano, pel quale
persecuzioni e nuove asprezze di polizia rincrudirono, e venne dappoi ripreso con
più energia.
In tutti era un presentimento, se non pauroso, certo non lieto; v'era un agitarsi
di ordini e di contr'ordini, di notizie contradicentisi, di desiderii, di audacie,
di speranze, di intenti temerarii, non scevri di trepidanze. Dal Giornale La Nazione,
che veniva clandestinamente, appresi che nel festeggiamento dell'annessione di Toscana
una rappresentanza di esuli napoletani, vestiti a duolo, con bandiera abbrunata,
apparvero avanti a re Vittorio, spargendo su quella festa un velo di mestizia. Le
parole confortatrici rivolte loro da Vittorio, e il plauso suscitatosi intorno ad
essi, furon esca a speranze maggiori. Dopo la pace di Villafranca l'ardore d'insorgere
acceso dal lavoro rivoluzionario del Morelli, crebbe sovra misura. La Polizia Borbonica
cominciò ad esser presa di un non so che di arcana impotenmza e allora cominciò
la vera cospirazione. Il Comitato
Ordine voleva si cominciasse la insurrezione
dalle Calabrie; ma tra i Calabresi si fu d'avviso contrario; avvenisse, dicevasi,
uno sbarco di Garibaldi in una rada qualunque italiana, ed all'annunzia le Calabrie
sorgerebbero come un sol uomo, e così avvenne.
S.Marco che teneva le sue comunicazioni col Comitato
Ordine da cui riceveva
il Bollettino con analoghe notizie, e che gli veniva inviato per mezzo di Spezzano,
Con Cosenza per mezzo di Salvatore Marsico, non si stette indietro, poiché
nell'opera fe' la sua parte. Fin da mezzo Aprile la maggior parte dei Comuni di
Calabria avean fatto come una rete di Comitati in corrispondenza fra loro non aspettando
per innalzare il vessillo che il motto d'ordine all'annunzio del promesso sbarco.
Per l'uopo in S.Marco come in tutti i Capi Circondari fu ordinata, per meglio intendersi
una riunione dei così detti Capipolitici insurrezionali, affinchè
i comitati segreti si riordinassere o stessero in pronto alle imminenti evenienze.
Gl'intervenuti furono V.Torano e
F.Iacovino
per Fagnano, F.Balsano e
Granito per Rogiano,
A. Marchianò e B.Viola per Cervicati,
P. Migaldi e N.Bloise per S.Sosti, P.Severini per Mottafollone,
P. Romita per Mongrassano,
Posteraro
per Cavallerizzo, Carci per S. Martino, fratelli Stamile per S.Giacomo ed altri,
di cui non ricordo il nome. Dei Sammarchesi tutti coloro che di ricapito quin di
costituirono il Comitato insurrezionale, fecero parte della politica riunione. Ad
unanimità di quella adunanza fu eletto a Presidente
Generoso Campolongo, in fama di liberale fin dal 1820, sì per la
grave età e sì per la prudenza del senno. Si discusse poco, essendo
tempo di azione e si venne a due conclusioni:
1. Che ciascuno assumesse il carico di organizzare nel proprio paese e dove meglio
il credesse necessario un Comitato, che col ricambio dovesse comunicare l'uno con
l'altro.
2. Che tutte codeste corrispondenze mettessero capo a San Marco, per la ragione
che in esso arrivavano i Bollettini del Comitato Ordine di Napoli e quindi da esso
si sarebbero diramati le notizie e gli ordini di quello; e per latra ragione che
nel solo S.Marco era attivata la corrispondenza col Comitato di Cosenza per mezzo
di Marsico Salvatore e dal compianto Mazzei di S.Stefano.
Ritornati i socii nei proprii paesi diedero opera a costituire i Comitati insurrezionali,
peui quali fede ed entusiasmo crebbero sopra modo. I fratelli
Salvatore e Giacomo Campolongo, i fratelli
Francesco
ed Alfonso Amodei, i fratelli
Angelo, Carlo e
Baldasarre Selvaggi, i due popolari
Scarpelli
Salvatore e
Fiorillo Gennaro
furono i membri del Comitato sammarchese, che unanimemente a voti segreti nominarono
a Presidente il narratore di codesti fatti [
Cristofaro
Salvatore (1827) ceppo 1], nomina, cui non ci fu modo come evitare.
Si elesse a V.Presidente
Salvatore Campolongo
e un vice segretario nelle persone di
Francesco Amodei
e
Baldasarre Selvaggi, ed un cassiere in
persona di
Angelo Selvaggi. Primo atto riferir
l'operato al Comitato centrale della provincia, sanzionando le firme con apposito
suggello, avente in mezzo la croce sabauda e intorno il motto:
Comitato insurrezionale
di S.Marco Argentano.
Se ne dette conoscenza a tutti, ordinandosi che ciascun Comitato per esser riconosciuto
scegliesse una lettera dello alfabeto con la quale avrebbe dovuto firmarsi, il che
da S. Marco si era praticato fin da tempo. E per mezzo di cotesti segni e nel cifrario
rivoluzionario, messo in nota a titolo di patriottica reminiscenza, si corrispondevano
eziandio le provincie, dove ferveva l'opera rivoluzionaria, fino a che non si potè
agire alla scoperta.
(1)
Il Comitato di Rivello in Basilicata mandò a dire così; i fratelli
Lucani B. di seme di lino (Basilicata) mandano subito ai fratelli Calabri, e desiderano
conoscere se i mattoni (Cosenza) e i mattoni patinati (Catanzaro) e Casino (Reggio)
siano pronti a dar la seta e l'olio; fede e fraternità. L. e BB. Da qui si
rispose: I fratelli calabri di A A salutano i fratelli di seme di lino, assicurandoli
di vender la seta non appena farà sbarco anticipatamente (Garibaldi); coraggio
fede e fraternità AA.
La rivoluzione ormai irrefrenata invadeva tutto; i popoli rompevano a rivolta; paesi,
ville e città eran cadute in mano ed in balia dei Comitati locali, e apertamente,
sebbene in piedi ancora il governo legale si raccoglievano volontarii per prepararsi
a partire per la guerra, ove mai i regi si ordinassero a resistenza, e somme ed
armi si andavano raccogliendo.
L'altro atto, a cui si procedette dal Comitato sammarchese,
fu il disarmo della guardia, fatta armare nell'ultimo periodo dal Governo borbonico
a scopo di mantenere l'ordine interno, essendo stati richiamati i gendarmi. Mi è
così ingrato ricordare le cose di questo tempo, che, se integrità
di cronaca nol richiedesse, volentieri smetterei.
Leone Catalani era preposto capo di dodici armigeri, i quali ciechi, non
conoscendo la condizione dei tempi e delle cose, si credettero elevati a sostenitori
del trono cadente. Quindi tenevano discorsi sovversivi, minacciavano, spiavano,
producendo audacie stolte e ingenerando speranze del tutto infondate. Il Comitato
conscio del tutto, credette doverla fare finita, e fe' intima al capo che, di tempo
un'ora, si andasse a deporre le armi alla presidenza.
E sotto il comando di
Sicilia Francesco e
sotto capo
Rotondaro Salvatore, riunito
una mano di giovani valorosi circondarono quasi in assedio gli armigeri borbonici
che, ad onta del comando del loro capo pendevano sul niego ad essere disarmati.
Taluno di essi tirò un colpo che andò a vuoto; allora, non fosse mai
stato, successe una mischia terribile, e, se non fosse intervenuto il Comitato tutto
a separare i fratelli, sangue cittadino sarebbe corso per le vie di S.Marco, e tutto
questo, perché andava a sangue a qualcuno eccitare torbidi per pescarvi dentro,
ma il disegno dei malvagi andò a vuoto.
I tempi in calzavano, e Morelli vide arrivato il momento di mostrare maggior efficacia
e attività al centro direttivo in Calabria, e quindi invitò nuovi
elementi fra quelli ch'erano in fama di antichi liberali, a farne parte. Si strinsero
più intimi accordi con le provincie di basilicata, e di catanzaro, e coi
Comitati dei Circondarii. Gli unitarii del 1848 dall'esiglio, dai bagni e dagli
ergastoli, Settembrini, Spaventa e Poerio consiglierono l'affrettarsi dei movimenti,
scrivendo essere esiziale all'ideale unitario tanto i murattiani, quanto i moti
mazziniani.
Morelli fin dal febbraio insisteva presso il Comitato
Ordine esser tutto
in pronto, ma aspettarsi la scintilla per insorgere da uno sbarco di Garibaldi.
E poiché era già tutto in Sicilia preparato da Sontanna, Firmatuso
e Rosolino Pilo, che poi morì nel combattimento di Calatafimi, e al suono
delle campane della Gancia in palermo era dato principio ad un movimento; Garibaldi
con mille e ottanta compagni da Quarto sbarcò in Marsala, e cominciò
quell'epoca leggendaria che realizzò il concetto unitario.
Ad agevolar cotesto compito dei patrioti del regno, valse la morte di Ferdinando
II, e l'ascensione al trono di suo figlio Francesco II. Il nuovo re non era uomo
d'armi, né di risoluzione, né di talento; non conosceva né
le condizioni del regno, né quelle dei tempi, né gli uomini, ond'era
circondato. Forse avrebbe potuto salvarsi, poiché era circondato dalle simpatie
materne, se, salendo al trono, avesse saputo mutar strada, come molti si auguravano
di lui, giovine a 22 anni, senza passato odioso, e figliuolo di una santa creatura,
dandolo alla luce; non capì nulla e fu travolto inesorabilmente dal turbine
dei tempi burrascosi.
Lusingavasi che sol cangiando di persone, e con l'atto del 25 giugno, col quale
accordava generale amnistia per tutti i reati politici formando un Ministero costituzionale,
e introducendo nelle amministrazioni uomini di fama liberale, avesse potuto rassodarsi
il trono.
Prometteva un accordo col Re del Piemonte per gl'interessi delle due corone, e ordinava
che la bandiera fosse ordinata dei tre colori nazionali italiani. Si fe' diramare
ai così detti Capipolitici una circolare per la rinnovazione di metà
dei Decurionati. A me fu dato qui in S.Marco il mandato d'addivenire a detta nomina,
e nominai il sig.
Antonio Cristofaro, mio
zio, avvocato e notaio,
Vincenzo La Regina,
Dott.
Luigi Sarpi,
Salvatore Campolongo e
Francesco selvaggi,
e tutti furono approvati sperando così di arrestare il turbine rivoluzionario.
Ma di tutti codesti tardivi espedienti fu nulla. La rivoluzione ch'è simile
a vorticoso torrente, che abbatte argini ed alberi e massi tutto seco travolge,
rovesciò tutti gli impedimenti, che ne vollero arrestare l'ineluttabile corso,
trascinando seco tutti quelli, che di rincontro le si frapponessero. Lo sbarco di
Marsala annunziato dal Bollettino del Comitato Ordine di Napoli, affrettò
il termine della preparazione; e fedeli al motto d'ordine di non festeggiare l'annunzio
della costituzione, premunivansi tutti per l'occorrente. Oramai a seconda che la
tempesta si appressava, i beneficati fedeli alla tradizione del paese che dominatori
e dominatori avea visto succedere, festeggiando i nuovi, imprecando ai vecchi, disertavano
vilmente la reggia. Le milizie di mare e di terra, non che credersi sciolte dal
giuramento di fedeltà alla dinastia borbonica, o divennero complici della
rivoluzione, o assistettero inerti, e forse senza rimpianto al doloroso spettacolo
di un regno che irremissibilmente disfacevasi.
Già si cospirava apertamente; il Comitato centrale per apposita lettera fu
fatto consapevole di tutto quello che avvenne in S.Marco, e che il Decreto della
Costituzione siasi accolto senza entusiasmo e senza i soliti evviva. Intanto con
data del 25 luglio fu disposto dal Comitato centrale che si addivenisse senza indugio
alla formazione della Guardia nazionale su basi larghe e liberali, tenendo presenti
le norme, contenute nella circolare del 5 dello stesso Comitato, disposizioni conformi
ad un dispaccio comunicato dal Ministro dell'Interno allo Intendente, col quale
veniva sciolta quella Guardia di Urbani, del cui scioglimento il lettore è
informato.
Scatenata di già la rivoluzione, che per un momento parve repressa dalle
baionette e dalla corti marziali, pienamente trionfa dalle Alpi allo stretto.
Surta è L'Italia; dei fiori novelli,
Onde crebber le meste ghirlande
De' suoi martiri sopra gli avelli,
Si ricinga il regale suo crin.
Un sol raggio si frange e si spande
In tre vaghi colori spiegati,
Sui rottami dei troni esecrati,
Sopra i varchi dei vecchi confin.
Capitolo IX
(1) Arriva -
Danaro
Spedizione - Mobili
Rivoluzione parz. - Olio
Rivoluzione gen. - Seta
Armi - Fratello
Danaro - Sorella
Dimostrazione - Campagna
Napoli - Sedia
Salerno - Tarla
Basilicata - Seme di lino
Cosenza - Mattoni
Catanzaro - Mattoni patinati
Reggio - Casino
|
Lecce - Telegrafo
Bari - Segnalazione
Foggia - Dispaccio
Campobasso - Telegramma
Avellino - Risposta
Terra di Lavoro - Avviso
Aquila - Pianoforte
Teramo - Figlio
Chieti - Tessuti
Cosenza - Mattoni
Commissarii di Guierra - Commercio
Capi militari - Affari
Truppa regia - capomangani
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Ufficiali - Poltrone
Ufficiali sup. - Divani
Vapori di guerra napol. - Compra
Artiglieria - Vini
Vittoria dei nostri - Carta di parata
Truppe nostre - Libri
Iuppa data al partito - Vendita
Una fan. di patriot., di Raffaele De Cesare
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