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Sutt'a lingua : Curiosità e approfondimenti.


I MALIPORCARÌE.

La voce è l'unione di due parole: l'aggettivo male, che significa cattivo, e il sostantivo porcarìa, porcheria. Sarebbe bastata la seconda parola per definire qualcosa di sporco, disgustoso e, per estensione, di moralmente inaccettabile, ma i maliporcarie calabresi equivalgono alla lussuria o, se più vi piace, ai piaceri del sesso, quest'ultimo accostato all'azione del porco, capro (si fa per dire) espiatorio di tutte le azioni riguardanti il piacere della carne.
L'idea di accostare il piacere della carne al porco è pienamente legittima, purchè, però, sia chiaro che il piacere non è affatto del porco, ma del consumatore della sua carne. Stante questa premessa, viene meno ogni affermazione, sia essa un proverbio o un motto o una semplice parola, che identifica il porco o la porca, e tutte le sue derivazioni verbali, con tutto ciò che di spregievole esiste sulla faccia della terra.

Perché il povero porco debba subire da secoli l'oltraggio e la calunnia di possedere caratteristiche che sono proprie dell'uomo è uno dei tanti misteri inspiegabili, ma oramai non si può tornare indietro visto che anche se capovolgessimo l'assunto, dando dell'uomo ad un porco non faremmo altro che peggiorare la sua già triste fama.
Risalendo alla Genesi, sarebbe interessante indagare quando, perché e come il suino abbia preso il posto del serpente, fino a fare apparire quest'ultimo un saggio dispensatore del sapere, e il nuovo arrivato simbolo della gretta libidine. Il fatto è che nel paradiso terrestre, a quanto pare, il porco non esisteva, ma esso compare con l'uomo dopo la sua cacciata dall'Eden. Qualcuno ritiene che la voce peccato derivi etimologicamente da pecus, bestiame, accostabile semanticamente più alla pecora che al porco, ma della prima non troviamo cenno, tranne il riferimento ad una sua presunta posizione, fatta propria dagli umani, che denota di fatto l'origine animalesca di questi ultimi. Se dovessimo affidarci alla tradizione orale, dovremmo desumere che il detto crisci figli e crisci pùarci, risalga alla comparsa sulla terra dei due esseri viventi.

Se a voi sembra che io mi stia divertendo vi sbagliate. Mi pongo solo delle domande, partendo dalle espressioni che sono il sostrato culturale della nostra stessa esistenza. Sono questioni mai approfondite e il fatto che in Calabria le porcherie fossero cattive presuppone che vi fossero anche quelle buone, delle quali, però, non ho trovato traccia. Non esistono, infatti, le boneporcherie, segno che, fermo restando il giudizio negativo sulle caratteristiche del porco, quel male aggiunge un'ulteriore nota peggiorativa, riferibile propriamente all'atto sessuale.

Va precisato che per maleporcarie si intendevano le pulsioni sessuali, singole o di coppia, che sfociano in atti contrari alla pubblica decenza. La seguente frase è esplicativa della definizione precedente: "L'hanu vistu ca facìa i maliporcarìe", cosa riprovevole e immorale. Però, anche se il singolo o la coppia non fossero visti, per alcune categorie di persone, i maliporcarie restano, o meglio restavano, atti disdicevoli e condannabili, se raccontate in pubblico.
Le maleporcarie fortunatamente non sono più tali in Calabria, sostituite, se necessario, dal nome specifico dell'azione compiuta, utilizzando o il verbo o, più raramente, il verbo seguito dal complemento oggetto.
Va detto, comunque, che nella maggior parte dei casi i maliporcarie erano attribuite ai giovani in età adolescenziale.
Il deterrente ad un eccesso di maliporcarie era la prospettiva che esse conducessero ad una cecità parziale o assoluta irreversibile, che non trova alcun fondamento scientifico, ma probabilmente era collegata al fatto che al momento finale dell'atto il soggetto sollevava la testa chiudendo entrambi gli occhi. Un altro deterrente era l'obbligo della rivelazione all'atto della confessione, e il numero dei pater noster e avemaria pare fosse legato al numero e alle circostanze delle maliporcarie.

Fortunatamente, per l'uomo e per il porco, i tempi sono cambiati e nessuno usa più i termini sopraddetti per indicare atti contrari alla pubblica decenza. Scomparso il male, restano però i porcarìe, che sono le cose fatte male o improvvisate, i cibi insipidi, le opere malriuscite e quelle di scarso pregio, le chiassate e gli scritti come quello che avete appena letto. Mi chiedo: ma non sarebbe giusto e opportuno assegnare la voce PORCARÌE alle tante prelibatezze derivate dal suino, come quelle che appaiono nella foto in alto, magari accompagnate da un motto che ne esalti gusto e la qualità. Faccio un esempio: PORCARÌE DI 1ª QUALITÀ, seguito eventualmente dal nome del produttore o del venditore! con un enorme vantaggio per la produzione nazionale, e calabrese in particolare.


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San Marco Argentano, 6 ottobre 2022

Paolo Chiaselotti