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LA RICERCA DELLA VERITÀ
Rientrato a casa avvertii un malessere certamente dovuto allo stress della giornata.
Provavo un disagio psichico, come se la mente fosse proiettata in uno spazio privo
di riferimenti temporali.
Mi sdraiai sul letto.
Respirai profondamente per alcuni secondi e subito dopo mi imposi di far funzionare
il cervello per non essere sopraffatto dall'ansia.
Cercai di ragionare con calma su quanto era accaduto negli ultimi giorni.
Lo schema grafico che avevo compilato alcuni giorni prima aveva in qualche modo
ricomposto una serie di eventi all'apparenza scollegati. Cominciai ad analizzarli
senza pregiudizi.
Da una parte c'era una visione laica del mondo e dall'altra una religiosa. Queste
due visioni erano all'origine delle vendette di cui vi ho parlato. Giacobini e borboni,
atei e credenti, onesti e briganti. Pensando a ciascuna vittima e a ciascun assassino
mi chiesi se le cose stessero effettivamente così: i fatti erano accaduti
realmente come li avevo raccontati oppure ero prigioniero di una visione manichea,
conseguente alla mia appartenenza politica?
A compiere il delitto con uno sfregio erano sempre i filo borbonici. E perché?
Pensai all'ultimo racconto di Luigi. Egli apparteneva ad una famiglia della quale
fecero parte anti borbonici, eppure il fatto che questa si fosse imparentata con
una donna discendente da coloro che usarono il simbolo sanfedista mi aveva suggerito
di collocarli tutti tra questi ultimi.
Che cosa mi guidava in questa distinzione così netta? La lettura dei documenti
o l'ideologia?
E perché mai avrei dovuto ritenere sempre colpevoli gli uni e sempre innocenti
gli altri?
Non ero, anzi, non sono uno storico. Solo la curiosità mi aveva spinto a
frugare negli archivi, la curiosità di scoprire il quotidiano.
Al punto di immedesimarmi in vicende e personaggi ?!
Mi chiesi se c'era una verità nella storia. E qual era la verità?
Il barilaio di Conflenti era migliore del suo uccisore?
Il circense toscano che fingeva di essere giacobino e non era neppure filoborbonico
non era in fondo peggiore del suo accoltellatore, nostro conterraneo?
Quale famiglia tra le due che si sovrapposero una all'altra era più piena
di delitti?
Io non mi ero mai posto questo genere di domande, semplicemente perché avevo
raccontato ciò che avevo letto, e gli atti, quando si ha la fortuna di trovarli,
non sono racconti: contengono poche e sintetiche notizie.
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Da semplice curioso potevo solo narrare con i maggiori dettagli possibili quanto
era accaduto o poteva essere accaduto.
Per quanto riguardava i giorni nostri, non potevo, però, mettere sullo stesso
piano i fatti storici, con le tragiche conseguenze che mi riguardavano, e le associazioni
criminali.
Ripensando al processo di beatificazione di un monsignore affiliato alla 'ndrangheta,
sentivo il dovere di fare qualcosa di più della semplice narrazione degli
avvenimenti di cui ero stato testimone e protagonista.
Razionalmente e a malincuore decisi che la cosa migliore era parlarne con il vescovo.
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