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LA FIBBIA
Non spenderò una parola per raccontarvi l'arrivo dei soccorsi, perché
la vicenda aveva assunto i toni grotteschi di una commedia plautina. Il viaggio
nell'oltretomba non mi aveva affatto turbato. Anzi, mi aveva schiarito le idee.
Tutto era nato dalla volontà di beatificare quell'uomo, ad iniziare dal suo
disseppellimento fino alla vestizione, solo che la cosa, che sarebbe dovuta restare
segreta, con me rischiava di diventare di dominio pubblico.
Don Sigismondo mi telefonò appena tornai a casa. Voleva vedermi. Bussò
che erano da poco passate le venti.
Gli aprii ed egli mi porse subito la mano, sollevandosi la tonaca con l'altra. Gli
chiesi se aveva paura dei cani, visto che in casa ne avevo due, un tempo randagi,
e ora ostentatamente padroni di due poltrone. Rispose di no, sedendosi con circospezione
su una sedia.
"Almeno non di questi " aggiunse, lasciando intendere che temeva
quelli di grossa taglia. Non so perché, ma mi vennero alla mente i leoni stilofori
posti all'ingresso delle chiese romaniche.
Il viso roseo, quasi di fanciullo, e gli occhi vivaci, che ogni tanto abbassava
quasi temesse che potessi leggervi le sue reali intenzioni, lo rendevano istintivamente
simpatico. Cercai di non farglielo capire in alcun modo, ricordandomi che era in
combutta con una banda di assassini.
Mi disse subito il motivo della sua urgente visita. Riguardava l'esumazione della
salma del monsignor Bellarmino o meglio, quella che egli chiamava l'invenzione del
santo corpo. Lo interruppi chiedendogli una spiegazione su quel termine insolito.
Era tutta un'invenzione?
Sorrise scoprendo una dentatura perfetta, che mi ricordò il messaggio dal
Brasile: "parece sorrir", e mi spiegò che per invenzione
intendeva dire ritrovamento. Nessuno sapeva che il corpo fosse stato seppellito
lì, anzi tutto lasciava supporre che esso riposasse con quello di altri fratelli
nelle cripte del duomo.
"Ma non è questa la vera invenzione..." continuò
abbassando lo sguardo e guardandosi le mani che continuavano a scorrere palmo su
dorso come il nastro senza fine di Möebius "... la vera invenzione è
la ..." esitò qualche istante "...la fibbia!"
"La fibbia?!" chiesi, corrugando a niffo il naso. "Quella che
chiude la cintura di cuoio che regge i calzoni?" continuai, stemperando
il primo stupore in un irriverente, malcelato sarcasmo.
"Certo, non penserà mica che noi sacerdoti essendo coperti dalla tonaca
giriamo in mutande!" disse con un tono fintamente divertito.
Non sapevo quali fossero le sue reali intenzioni, ma intuivo che con quella battuta
cercava di rinviare un argomento che gli stava a cuore e del quale malvolentieri
voleva parlare!
"Veramente pensavo ad altro quando mi ha parlato di invenzione ..."
dissi, cercando di farlo venire al dunque " ... avevo sentito parlare dell'invenzione
della Vera Croce, ma l'invenzione della sacra fibbia non l'avevo mai sentita!"
"Non scherzi su queste cose!" mi rimproverò diventando improvvisamente
serio "se domani si sapesse già in giro, magari leggendolo su un ...
un ... su "internètte"prima ancora che ... che il sant'uomo ..."
Il tono era davvero serio, troppo serio, maledettamente serio!
Don Sigismondo mi stava svelando un segreto che confermava le mie convinzioni sulla
serie di vendette compiute fino ai nostri giorni.
Mi feci attento e ripetei quasi a voler conoscere immediatamente il seguito della
storia:
"... che il sant'uomo ... ?"
"... era stato sempre, giorno e notte, a contatto con la fibbia senza svelare
mai a nessuno questo segreto!" aggiunse il prete tutto d'un fiato come
a volersi liberare di un peso insopportabile.
Il tono e lo sguardo del giovane sacerdote mi misero un'improvvisa inquietudine
addosso: c'era qualcos'altro che non osava rivelarmi.
Il pensiero corse rapido ad alcuni fatti che conoscevo e all'arrivo della nipote
dagli USA.
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Collegai le due cose, le scomposi nuovamente, inserendovi alcuni episodi, le letture
sulle prime emigrazioni, le vessazioni sugli emigrati, le organizzazioni malavitose,
la mafia, la camorra, la 'NDRANGHETA!
Come non pensarci prima!
Fibbia: questo era il significato della parola 'ndrangheta.
Mi ricordai che quando ero ragazzo, tra coetanei scherzavamo nell'ammettere questo
o quel compagno nel nostro circolo ristretto chiedendogli di darci prova di essere
"da' fibbia", ovvero se aveva il fermaglio di metallo che stringeva
la cintura. Chi portava le bretelle non era ammesso.
E le 'ndrine erano i circoli sotto la fibbia.
"Caspita," pensai, "che c.... di sant'uomo!"
Mi vennero subito alla mente i Beati Paoli, ma mi imposi di non divagare e di concentrarmi
sul quell'inaspettata rivelazione.
Don Sigismondo mi sembrò improvvisamente indifeso, come se il segreto che
mi aveva rivelato fosse per lui questione di vita o di morte.
Quindi i miei sospetti erano fondati, appartenevano tutti ad una consorteria camorristica!
Cercai di farlo parlare suggerendogli la risposta.
"... 'ndrin ... 'ndrin..." azzardai ripetendo lentamente la parola
con i denti serrati.
All'inizio sembrò non capire, poi improvvisamente confermò la mia
ipotesi con un lieve cenno del capo e un più frenetico avvolgimento delle
mani, che di colpo portò strettamente congiunte dinanzi alla bocca, quasi
a impedire l'uscita di altre confidenze.
Ero sconvolto.
" Ma ... come è possibile?!" chiesi, sperando che, di là
a poco, avrei scoperto che si trattava di uno scherzo!
Don Sigismondo tolse le mani dinanzi alla bocca, le disgiunse e quindi, battendole
e ricongiungendole, disse senza alcun pudore: "Possibilissimo. Fu iniziato fin
dalla giovane età da don Salvatore ..."
"Anastasio!" aggiunsi convinto di aver indovinato il nome del padrino
di una così perversa introduzione al mondo criminale.
"Attanasio" corresse il prete "un padre eremita di Positano,
morto in odore di santità."
Poi continuò chiedendomi se avessi intenzione di pubblicare queste cose sul
sito, trattandosi di notizie riservate che dovevano essere ancora giudicate dal
Santo Uffizio.
"Forse è meglio che andiate a raccontare l'intera faccenda al capitano
dei carabinieri" dissi con il tono di chi ritiene più opportuno
avviare le pratiche della redenzione su questa terra.
Mi guardò con aria falsamente stupita e aggiunse, quasi a volermi correggere:
"Se gli fosse stata imposta, senz'altro, ma nel suo caso è stata una
libera scelta." Improvvisamente si alzò, mi diede la mano e
senza attendere alcuna risposta concluse
"So di poter contare sul suo silenzio!"
Uscì tenendo la veste sollevata sul davanti con entrambe le mani per non
inciampare lungo le scale.
I cani, scesi dai loro umani giacigli, mi guardarono in silenzio, mentre mi appoggiavo
con la schiena alla porta chiudendola.
"Monsignor Marcinkus sarà il prossimo papa!" pensai.
Mi chiesi se non era il caso di parlarne subito con il capitano dei Carabinieri.
Del colloquio, ovviamente.
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