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IL PITTORE PAGANO
Il pittore di cui ho già parlato visse agli inizi dell'Ottocento. La storia
di cui vi parlerò tra poco è avvenuta all'incirca mezzo secolo dopo
e riguarda un altro pittore, Francesco Maria Pagano, detto Nicola. Apparentemente
tra la vita di questo pittore e i fatti poco fa narrati non vi sono collegamenti,
ma da una lettura attenta di alcuni documenti ho potuto scoprire che anche Nicola
morì giovane, a soli trentacinque anni nel 1882.
La Francia era la meta più ambita degli artisti e Nicola decise di recarsi
a Parigi per trovarvi la musa ispiratrice. La trovò nella persona di una
bella giovane di nome Odile, di origine alsaziana, che di mestiere faceva la modella.
Se ne innamorò perdutamente, come suole dirsi, e la sposò.
Ritornò a San Marco Argentano dopo alcuni anni, senza un soldo, con la giovane
moglie, e con strane idee per la testa.
Inutile dire che la forestiera non fu bene accolta. Essere bionda, avere gli occhi
azzurri, e per giunta posare seminuda erano ingredienti sufficienti per andare dritta
all'inferno. Per sopperire a queste incomprensioni le fece alcuni ritratti mentre
pregava, mentre implorava pietà con gli occhi rivolti al cielo, mentre piangeva
con i capelli sciolti sulle spalle nude.
Cercò di venderli come madonne, inutilmente, perché nessuno aveva
mai visto una madonna bionda con gli occhi azzurri. I parroci, pur fingendo di apprezzare
le qualità pittoriche del giovane artista, rifiutavano con fermezza quelle
immagini che avrebbero potuto destare ben altri pensieri, soprattutto per le labbra
carnose e le spalle scoperte.
Un giorno Nicola decise di ritrarre Odile coperta di un solo velo, come una dea
dell'olimpo, e di vendere il quadro a don Annibale che, per parte di madre, affermava
di essere un suo lontano parente.
Don Annibale, uomo colto, raffinato, ateo, non solo promise di comprare il quadro,
ma invitò Nicola e la moglie a trasferirsi nella sua ampia dimora, dove il
pittore avrebbe potuto dipingere il quadro in tutta comodità e con una luce
senz'altro migliore di quella che entrava nell'unica, piccola stanza che gli sposi
erano riusciti a trovare nel quartiere del Critè.
La fortuna inaspettata di Nicola segnò la sua fine. Odile era al settimo
mese di gravidanza e in paese si sparse la voce che Nicola, diventato anch'egli
ateo per le sue idee politiche, stava dipingendo una madonna incinta completamente
nuda.
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A San Marco Argentano, terra di martiri cristiani battezzati niente meno che dall'apostolo
Marco, sede vescovile, luogo di sante, antiche congregazioni e di ordini religiosi,
luogo di espiazione dei peccati, paese che vide i primi miracoli del santo paolano,
solo il diavolo poteva aver guidato la mente e la mano dell'artista.
Si cominciò a dire tutto il male possibile di lui, ad iniziare dal suo cognome,
per accusarlo di essere l'autore delle cosiddette "porcherie di Melchiorre"
e di aver da sempre avuto rapporti con persone empie e sacrileghe.
Nessuno aveva mai visto il quadro e Nicola non lo aveva mai iniziato.
Francesco Maria Nicola Pagano, pittore, figlio del fu Pietro e di Maria Raffaela
Martino, di anni 35 morì la mattina del venti febbraio del 1882.
Un ictus cerebrale lo aveva ucciso.
Don Annibale, il vecchio ateo, lo trovò riverso a terra con uno strano sorriso
sul volto contratto e il pennello ancora in mano. Glielo tolse e completò
la coloritura nera dei capelli della madonna con gli occhi celesti.
Al funerale parteciparono pochi intimi e nessun prete.
Odile Gertrude Naegelen diede alla luce Nicoletta il 20 aprile dello stesso anno.
Posso affermare in tutta tranquillità che non tutti gli artisti muoiono per
ictus per non essere riusciti a vendere madonne bionde, ma posso anche affermare
che le opere d'arte sono sempre guardate con sospetto. Se esse sono della cosiddetta
arte sacra, il loro ingresso in chiesa è sottoposto a severi controlli.
Ricordo ancora una sorta di processo popolare ad un'artista (fate caso all'apostrofo
rosa), che dipinse un San Marco con le gambe accavallate coperto da una tunica trasparente.
Il quadro, posto in un primo momento sul lato dell'altare, divenne oggetto di discussioni
interminabili: tutti, tranne i gay, chiesero al parroco di porre fine allo scandalo.
Fu indetta una pubblica assemblea nella sala del consiglio per stabilire attraverso
un serrato confronto dialettico che fine dovessero fare i quadri (erano due perché
tutti, tranne l'interessato, sanno che Dio ama la simmetria).
Due suore, laicamente come sanno esserlo le donne anche sotto il velo, dissero di
lasciare i quadri dove si trovavano. Un omaccione dalla voce roca e gutturale, dal
pelo ispido e folto, urlò senza pudore che il santo gli sollecitava sentimenti
impuri. I due dipinti furono posti il giorno seguente ai lati dell'ingresso in maniera
che potessero essere visti solo all'uscita.
Non mi meraviglio, quindi, che Nicola morì a San Marco Argentano per un ictus
cerebrale prima ancora di aver dipinto la sua dea. Perché, vi chiederete,
ho inserito questo argomento assieme agli altri in cui vi sono morti violente e
sospetti?
Primo perché considero questa morte altrettanto violenta e frutto di una
sorta di vendetta collettiva nei confronti di chi aveva provocato scandalo. Nicola
e, in misura minore, l'autrice del novello San Marco sono stati puniti per aver
osato uscire dai canoni e per averlo fatto ricorrendo all'immagine al femminile.
Non dovremmo meravigliarci molto visto che il principale argomento di fede religiosa
di questo paese è la decapitazione di una donna, Dominata, e dei suoi figli.
La leggenda, che ha trovato autorevoli assertori, può essere simbolicamente
letta come il bisogno di una inconsapevole castrazione per l'espiazione di chi sa
quali orrendi peccati.
Lasciamo stare, altrimenti la storia prende altre vie.
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