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IL BOLLITO
"Grazie" disse il soldato seduto sul letto alla anziana donna che
gli porgeva una tazza fumante. "Che cos'è?"
"Bollito" rispose lei, asciugandosi con la manica un umore che
le usciva dall'occhio destro.
"Buono. Chi lo ha preparato?"
"Donna Anna."
"Anna chi?"
Oronzo tra un sorso e l'altro continuava a chiedere chi avesse preparato quel brodo.
La donna rispondeva monotonamente ad ogni domanda.
"Zazzara."
Il cognome lo fece ridere, pensando alla donna senza capelli che aveva cacciato
poco prima dalla stanza. Le chiese se stava scherzando, ma dallo sguardo freddo
e impassibile di lei capì che l'unico scherzo di cui sarebbe stata capace
era di ustionarlo con il brodo contenuto nella pentola che teneva in una mano.
"E chi è?"
"La madre di don Giuseppe."
"Giuseppe chi?"
Oronzo continuando a scaldarsi le mani e il corpo poneva le domande più per
gioco che per riconoscenza verso chi gli stava alleviando i brividi che cominciava
ad avvertire per il freddo.
"Ruffo"
Oronzo, a quel nome, balzò in piedi e scaraventò all'aria tazza e
brodo.
La donna, pur investita dal liquido non si mosse. Si asciugò con la manica
la parte bagnata del viso e guardò il soldato che reggendosi a stento in
piedi cominciava a tremare e ad avere dei conati di vomito, quindi uscì e
chiuse la porta a chiave.
I lamenti cessarono dopo alcuni minuti.
Gennaro A. il giovane macellaio entrò nella stanza a notte inoltrata. Si
caricò il corpo ancora caldo e odorante di urina sulle forti spalle e lo
portò nel magazzino sottostante.
Gli versò del vino in gola e sul petto, poi, con l'abilità del carnefice,
sezionò alcune parti del corpo buttandole a pezzi nella grande "quadara"
posta sul fuoco. Si caricò nuovamente il povero cristo sulle spalle e lo
scaricò in un vicolo del Critè, poco distante dalla taverna di suo
padre, dove solevano andare ad ubriacarsi i soldati di passaggio.
Il giorno successivo, in una brumosa mattina di febbraio, fu dichiarato il rinvenimento
di un soldato, morto per il freddo, vicino alla taverna di Francesco. I cani randagi
avevano fatto scempio del corpo.
Dal "foglio di Rut" -come era chiamato in un francese approssimativo
il foglio di via- che portava con sé si seppe che colui che era venuto da
Padula, per ordine del Commissario di guerra, apparteneva alla quarta compagnia
del terzo reggimento di linea napoletano e si chiamava Oronzio Penso.
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Tre figure femminili lo avevano accolto all'ingresso del paese e le stesse lo videro
uscire. Una quarta figura, il volto di un demonio, posta sotto un cavallo rampante,
sembrava osservare soddisfatto il piccolo corteo funebre, senza preti e senza croci,
diretto al camposanto della Riforma. Se Oronzio avesse potuto parlare avrebbe detto
sicuramente che quella scultura non c'era quando egli era entrato dalla Porta Santomarco.
L'anziano laico che registrò il seppellimento nel camposanto dei Riformati,
leggendo le parole RUT e PENSO, il cognome del morto, credette dapprima che si trattasse
della confutazione giacobina di un passo biblico, ma non trovandovi i nomi di Orpa,
né tanto meno quello di Noemi, gettò nella fossa, assieme al cadavere,
anche l'inutile cartaccia.
Nell'ospedale suor Maria Francesca dopo aver rimesso sul comodino le immagini sacre,
il libro delle preghiere ed il rosario, si fece il segno della croce e andò
a versare il brodo caldo nelle tazze degli ammalati.
La vecchia inserviente provvide a portarle una alla volta presso ciascun giaciglio,
aiutando i più deboli a bere il poco che la provvidenza aveva mandato.
Donna Anna, al quartiere sir Andriace, scese le scale di casa, entrò dal
retrobottega nell'ampio locale dove il figlio svolgeva l'attività di speziale
e, dopo esser salita con prudenza sulla scala in legno, posò nel quarto spazio
vuoto del terzo ripiano a sinistra dello stipo centrale il bel vaso di maiolica
faentina con la scritta a caratteri gotici
"Arsenicum".
Forse qualche lettore si sarà chiesto perché di talune persone ho
indicato i nomi e la famiglia di appartenenza.
Per un motivo molto semplice: i loro discendenti sono persone aperte, colte e intelligenti.
Non attribuiscono alle azioni svolte dai loro antenati un peso condizionante per
la loro esistenza, perché ritengono che ciascuno di noi valga per cio che
è, indipendentemente dalle prodezze o dalle nefandezze che possano aver commesso
gli antenati.
Le persone che hanno questa visione sono libere e, in quanto tali, sono nobili di
animo e di intenzioni.
Inoltre bisogna ammettere che l'azione di donna Anna fatta all'insaputa del figlio,
come raccontò in giro la vecchia "ospidalera", aveva un fine "nobile":
salvare il proprio figlio dalle rappresaglie francesi.
Purtroppo qualcuno dei discendenti di Oronzio Penso non fu della stessa idea.
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