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L'ORRENDO GHIGNO
Che fine aveva fatto Andrea dopo essere stato lasciato sanguinante nella piazza
di basso?
Fu trovato morto il giorno successivo, dissanguato, con un "orrendo ghigno
che lasciava scoperti tutti i denti della metà del viso".
Vi chiederete come io possa affermare una simile circostanza visto che di essa non
esiste alcuna prova documentale. Ebbene, qui devo darvi ragione.
Moltissimi spacciatori di storie a loro dire "vere", mescolano disinvoltamente
fantasia e realtà, semplicemente perché codesti romanzieri non si
devono preoccupare di trovare elementi di prova alle loro affermazioni, né
di dimostrarne la veridicità.
Al contrario di loro, non essendo io un romanziere, ma un cronista dei fatti accaduti,
posso spiegarvi come e dove ho trovato le prove dell' "orrendo ghigno che lasciava
scoperti tutti i denti della metà del viso".
Avrete senz'altro notato che alcune frasi o parole sono scritte tra virgolette:
vuol dire che sono estratte dai documenti che ho avuto possibilità di consultare.
Quale documento può attestare la presenza di un ghigno e dei denti che esso
lascia scoperti? Voglio, qui, solo per questa volta e poi non lo farò in
seguito, rendervi consapevoli delle fonti da cui ho attinto i fatti che state leggendo.
Ho consultato gli atti della Corte e della Gran Corte Criminale presso l'Archivio
Storico di Cosenza. Se decideste di farlo, ricordatevi di leggere con attenzione
tutti i fascicoli, senza tralasciare nulla, soprattutto le carte sciolte che talvolta
sono inserite in fascicoli di tutt'altro argomento. Non date retta agli impiegati,
i quali vi diranno che quei fascicoli sono stati già ampiamente consultati
da altri e che esistono centinaia di pubblicazioni in merito.
A volte, però, non basta un Archivio di Stato. Potete trovare una miniera
di informazioni anche in una abitazione privata. Nel caso di cui vi sto parlando
è successo proprio questo.
Gli eredi di una famiglia da molti anni scomparsa da San Marco continuano ad essere
proprietari di alcuni edifici, alcuni abitati e altri abbandonati. Tra le tante
carte accatastate nella soffitta di una di queste case, di cui ottenni le chiavi
fingendo di essere interessato all'acquisto, ne trovai una che riportava la descrizione
di una ferita provocata da un coltello, con un disegno sommario, a penna, e il tipo
di sutura.
La casa, oggi quasi un rudere nel quartiere che a quei tempi era chiamato del Critè,
era l'abitazione di Antonio Seta, del quale posso fare tranquillamente il nome considerato
che non ebbe discendenti diretti.
Don Antonio, "dottor fisico e cerusico" come veniva chiamato allora
il medico chirurgo, era un professionista serio, che non solo cercava di prolungare
la vita delle persone ammalate, ma lo faceva con sommo scrupolo e, talvolta, sperimentando
metodi più sicuri e meno dolorosi.
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La relazione che egli fece in occasione
di quell'operazione ne è una prova, in quanto riporta il tipo di intervento,
fatto con "crine sterile" sia nella parete interna che in quella
esterna della bocca "squarciata con lama certamente curva", per
evitare maggiore sofferenza e dare possibilità "una sopra le mille di
vivere ancora" ad un giovane ferito in piazza.
Si dà il caso che il medico che aveva cercato di ricucire l'orrenda ferita
fosse la stessa persona che attestò il giorno seguente la morte di un "asportatore
di animali da far giuochi" nell'atto tuttora conservato negli archivi
comunali. Mettiamo le due cose assieme e sappiamo di chi fosse il macabro sorriso.
A volte, però, anche la fortuna premia le fatiche di coloro che fanno ricerche
e così la conferma di questo evento e della storia che conoscete è
venuta casualmente dal titolare di uno studio di trattamenti estetici con sede a
Firenze.
Molti anni addietro, avendo saputo che provenivo dalla Calabria mi mise al corrente
di una incredibile vicenda accaduta ad un suo lontano antenato, ucciso per motivi
passionali. Gli chiesi se sapeva dove fosse avvenuto questo fatto, ma mi rispose
che la storia si era tramandata come una leggenda e che l'unica cosa che ricordava
era il nome del suo antenato: Andrea!
Dopo tanti anni avevo già dimenticato l'episodio, ma non il nome dello studio,
che è ancora abbastanza conosciuto a livello nazionale. Cercai su Internet
se esisteva un sito dedicato: lo trovai assieme all'indirizzo di posta elettronica.
Nonostante la necessità di spiegare bene il contenuto delle mie ricerche
per una futura pubblicazione, riuscii a ridurre il contenuto del messaggio ai fatti
essenziali, chiedendo di quale centro della Toscana era originaria la famiglia del
titolare e se tra gli antenati c'erano stati circensi, giocolieri, giostrai e simili.
La risposta, giuntami dopo alcuni giorni con lo stesso mezzo, mi confermava che
nel Settecento e fino agli inizi dell'Ottocento alcuni membri della famiglia avevano
svolto la professione di allevatori di cavalli per spettacoli nella tenuta di Favella.
Andai a rivedere il certificato di morte di Andrea e vi lessi che era un "asportatore
di animali di far giuochi", di anni 21, nato a Favella del distretto
di Compiano, deceduto a Sammarco il 21 di agosto dell'anno 1810 al quartiere della
Piazza.
Nello stesso messaggio ero pregato, in caso di pubblicazione della storia, di non
citare per ovvi motivi il nome della ditta, che come avrete capito era anche il
cognome di Andrea.
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