" Verso il 1569
1 il Vescovo poscia Cardinale Sirleto, che alle doti
di una eletta intelligenza accoppiava la bontà del cuore, fondò in
S. Marco un Ospedale, cui dotò la famiglia Amoddio, con l'obbligo di ospitare
pellegrini, di curarvi infermi, e dotare col supero donzelle orfane della stessa
città. Del fabbricato di esso non resta più nulla; esso occupava in
ben larghe stanze tutto quello spazio, che è tra il palazzo Cristofaro
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e la casa Aloia. In allora per andare al seminario ed alla nuova strada che conduce
al castaneto, che verdeggia a mezzogiorno dello stabilimento, si passava pel varco
angusto di due archi, l'uno appresso all'altro, sopra di cui era anche una cameretta
appartenente all'ospedale stesso. Le fabbriche, o per incuria, o per mancanza di
fondi si fecero andare in rovina; ed io ricordo in salendo la scala comune dell'Ospedale
ed al palazzo De Chiara, la Cappelletta appartenente al luogo pio, senza tetto e
senza porta, e in fondo al muro di prospetto una immagine, la cui metà ricovrivano
erbe paretarie. Questa reminiscenza mi ispirò le prime strofe del Monachello
dell'Abbazia, posta in nota.
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Nel 1844 abbisognando il Comune di materiali per la fondazione di un Camposanto,
il proprietario limitrofo di quel tempo, sig. De Chiara, si offerse far sgomberare
di quelle fabbriche in rovina la strada, a condizione che quivi non dovesse sorgere
altri fabbricati, rimanendo libero il prospetto di sua casa. La strada per la quale
si va per il suolo sgombrato, e lo sgombro stesso diedero occasione ad uno dei più
bei quartieri della nostra ridente cittadina. "
NOTA: Il ricordo dell'autore della
Cronistoria, nato nel 1827, si riferisce
ad anni intorno al 1840 visto che 1837 l'Ospedale accoglieva ancora infermi.
Dalle registrazioni dei decessi deduciamo che l'Ospedale nei primi decenni dell'Ottocento
svolgeva una funzione abbastanza importante nel territorio. Le prime registrazioni
a datare dal 1812 si riferiscono a Gaetano D'Amico di Roggiano e ad Alessandro Candreva
di Mongrassano.
Nel 1814 e nel 1815 risultano deceduti nell'Ospedale di San Marco due soldati: Filippo
Melfi di Sparviere (Capua) e Vincenzo Da Vena di Pietramala, nel 1817 due soldati,
Giuseppe Lauria di Bonifati di anni 30 e un tale Biagio di Francavilla di anni 45,
e Giovanni Ajita di Fagnano. Nel 1819 un orfano di nove anni. Nel 1822 vi morirono
due bambini: il figlio di un "merciajuolo" e un "projetto" dell'orfanotrofio
di Cosenza, e una tal Isabella moglie di Giuseppe Addino. Nel 1828 vi morì
una bambina di due anni, Vittoria Castiglia di Vincenzo, "
cascettaro",
proveniente da Bocita di San Fili. Nel 1831 furono registrate le morti di Rosa Tunno
di anni cinquanta nata a Guardia, moglie di Andrea Basile, e di Serafina Stamile
fu Felice e fu Caterina Malagiggia, nata a Serra di Leo, vedova di Filippo Spaccarotella
e di una loro figlia; i dichiaranti furono Domenico Ciancio e Saverio Tieso domiciliati
alla Portavecchia, dove sorgeva l'ospedale. Il secondo lo incontreremo tra i deceduti
nel 1837. In tale anno, che vide la diffusione del
colera, furono registrati i decessi, avvenuti nell'
Ospedale Civile di Sammarco,
di Salvatore Tricanico di Fagnano, di Michelina De Luca di Malvito e del citato
Saverio Tieso di Sangineto, che in due atti del 1810 e del 1811 è indicato
come eremita. Saverio abitava nella casa di accoglienza, visto che nell'atto di
morte è scritto che egli morì " nella casa di sua abitazione
sita nell'ospedale civile di questo Comune", dove probabilmente svolgeva servizi
di assistenza ai malati. Anche Domenico Ciancio, più volte dichiarante di
morti avvenute nell'Ospedale, doveva svolgere la stessa professione.
Negli atti di morte di Lucrezia Vitello di Pedace e di Antonio Sciammarelli di Paola,
nel 1834, il luogo è indicato ancora con il nome di "
Spedale Civile
", ma i dichiaranti non sono addetti all'assistenza, bensì un calzolaio,
un taverniere domiciliati nel quartiere. Anche nel 1835 troviamo la dizione Ospedale
Civile in tre atti di morte: Anna Bruno da Roggiano, Nicola Ippolito, un bambino
orfano nato a San Marco, Gaetano Trotta di Malvito. Nel 1836 vi morì un domestico
di Positano, Francesco Verona, la cui morte fu dichiarata da Francesco Capolupo,
nome che abbiamo trovato in altre dichiarazioni e fu, forse, a servizio nell'Ospedale.
Sappiamo di certo il nome di due donne che lavorarono all'interno della struttura:
Agnese Ruggieri di anni 54, "ospidalera", la cui morte fu registrata a
Sammarco l'8 febbraio del 1821 e Rosaria Cristofalo indicata nello "status
animarum" del 1804 come "spitalera" di anni 45.
In una deliberazione del decurionato del 1820 alla voce affitti e rendite comunali,
l'Ospedale è definito "dei poveri" e le sue entrate erano piuttosto
modeste. Infatti nella stessa delibera č scritto: "... li seguenti nuovi affitti
di dett'Ospedale, cioč di cinque case, del frutto di due castaneti denominati Bocita
e Santa Veneranda e dell'altro di numero tre piedi di Gelsi mori nella contrada
detta Pizzillo, č divenuto di proporre sopra tali affitti le condizioni che seguono
..."
L'ospedale era amministrato da una Congregazione di beneficenza, ma il Comune provvedeva
alla nomina del cassiere e ne verificava le entrate e le spese, visto che con una
deliberazione decide di sostituire il cassiere "
nelle di cui mani le rendite
di detto Ospedale sono malsicure.". Certamente il Comune versava un
contributo annuo (infatti per gli anni 1854 e 1856 risulta in debito di 27 ducati
e 60 grana), probabilmente in base alla Legge 12 Dicembre 1816, che all'art. 220
prevedeva l'obbligo di "
prestarsi la cura di tutt'i Cittadini, e specialmente
de' poveri ...". Il Comune esprimeva, infine, il proprio parere su
eventuali alienazioni.