VERBALE DELL'INTERROGATORIO DI CRISTIANO CABIALLAVITA
(originale conservato nell'Archivio di Stato di Cosenza - Fascicolo della GranCorte
Criminale - Processi 1848)
L'anno mille ottocento quarantotto, il di ventisette Luglio, in Cosenza.
Noi Gennaro Moliterni Giudice della Gr[an]C[orte] Crim[ina]le di C[alabri]a C[itr]a
e commissario della causa, assistiti dal Commesso Gto Vetere
Volendo procedere all'interrogatorio del detenuto Cristiano Cabiallavita lo abbiamo
fatto tradurre davanti a Noi, libero e sciolto di ogni legame, fuori la presenza
di ogni estranea persona, e domandato opportunam[ent]e, ha detto chiamarsi
Cristiano Cabiallavita, di Giovanni, di anni 38, civile, nato e dom[icilia]to in
Richtberg nel Cantone Svizzero dei Grigioni, celibe.
D. Per quale oggetto vi trovate voi in questi luoghi, lontano dalla vostra
patria?
R. Per dieci anni io ho servito nello Stato Pontificio col grado di Ufiziale
in un Reggimento Svizzero. Nel 1842 mi sciolsi dal servizio e tratto da una forte
inclinazione al viaggiare e veder molti luoghi, avendo una mediocre fortuna, viaggiai
per molte parti dell'Europa, in Russia, in Prussia, in Turchia ed altrove. Ultimamente
attraversai l'Italia, e nei principî del mese di Giugno ultimo pervenni in
Napoli dove mi restai per otto giorni. Mio divisamento quindi era di portarmi in
Sicilia, per passare poi in Costantinopoli, spinto sempre dal genio di veder mondo,
ed anche per trasferirmi poscia in Odessa onde riscuotere il frutto di taluni miei
capitali di risparmio che tengo in quei banchi. E siccome da Napoli in Sicilia non
trovai mezzo di trasporto per mare, cosí risolsi viaggiare per terra, profittando
anche di tal circostanza per veder le Calabrie. Lungo il cammino mi ammalai gravemente,
e giunto in Spezzano Albanese, non potendo continuare il viaggio nello stato in
cui mi trovavo, ivi mi restai per otto giorni alloggiato in casa di un caffettiere
che tiene bottega lungo la strada consolare, ma di cui ignoro il nome, e in tal
frattempo intrapresi la cura di quelle acque sulfuree. In Spezzano mi annunziai
per Francese, temendo che gli Svizzeri fossero malveduti dietro gli avvenimenti
del 15 Maggio in Napoli. Mossi quindi per Cosenza e qui giunsi il giorno venticinque
di Giugno. Mi presentai tostamente ad un personaggio che mi fu indicato per l'Intendente
della Provincia, cui esibii il mio passaporto, non tacendogli di essere Svizzero,
ed atteso il mio stato infermo mi fu dal medesimo fatto ordine mediante il quale
fui ricevuto in quest'ospedale civile, dove vi restai per otto o dieci giorni, annunziandomi
di nazione Francese, giacché mi fu suggerito anche dal detto Intendente di
tacere la mia origine Svizzera per la ragione accennata di sopra. Una mattina venne
nell'ospedale un personaggio che si disse essere il Generale Lanza, il quale nel
prender conto di militari infermi domandó eziandio di me, ed io ebbi il torto
di dirgli ch'ero Francese, ma non seppi poi ben colorire la menzogna, del che, io
credo, il detto Generale entró in sospetto, giacché il dí seguente
mi vidi inopinatamente tradotto negli arresti senza conoscerne il perché,
e giá da molti giorni mi vedo infelic[ement]e ristretto in prigione. Ecco
Signore il come ed il perché mi trovo in queste parti ed in tal stato.
D. Voi siete imputato di aver fatto parte delle bande di rivoltuosi armati
in Spezzano Albanese; e di essere un emissario di propaganda politica. Cosa avete
a dire su di ció in vostra discolpa?
R. Sono perfettamente innocente ed ignaro di tutto questo che mi s'imputa.
Uno Svizzero non prese mai parte negli affari di un paese che non gli appartiene,
e nessun motivo io avea d'impugnare le armi contro il Governo Napoletano. In Spezzano
Albanese vi dissi che fui costretto a restarmi per causa di malattia. Vedeva colá
della gente armata andare e venire, ma la menoma ingerenza io non prendeva nei loro
affari, nemmeno parlai con chicchessia di cose politiche. Il Caffettiere che mi
alloggió, ed un medico che mi assistette e che neanco conosco per nome, possono
esser testimoni della mia condotta e del mio metodo di vita in quei giorni di dimora
colá. In quanto poi allo allontanarmi dalla mia patria, vi ho spiegato il
motivo; e credetelo pure che non fui giammai emissario di propaganda politica, né
mi brigo mai di tali cose. É un genio di novitá che mi spinge a viaggiare
di quá e di lá, sen'altro scopo. D'altronde non ho famiglia, ed il
mio avere posso consumarlo ad appagare siffatta passione. Ma in molte parti dove
sono stato, neppure per ombra si é sospettato della mia condotta.
D. Voi eravate possessore di varie carte in istampa e manoscritte. Qual'uso
facevate di esse?
R. Signore io avevo i miei passaporti dei viaggi che ho eseguiti e quello
corrente. Avevo ancora due cambiali, ossia carte di assicurazione di un capitale
che io tengo sulla cassa di risparmio dell'Imperatore in Odessa, sulla qual somma
mi si corrisponde l'interesse al sei per cento; cespite col quale io vivo, formando
desso una gran parte del mio patrimonio. Altre carte erano presso di me, indifferenti
e di nessun conto e che non servono ad alcun uso.
Fattegli ostensive le carte che si trovano nel volume
e domandato partitamente
R. Al fol. due é un proclama per la Costituzione concessa da Ludovico
di Baviera.
Al fol. 3 é una canzone popolare per l'anniversario della costituzione di
sassonia.
Al fol. quattro é un manifesto per uno Istituto di ragazze in Corthal.
Al fol. quinto un dialogo tra Metternich e Radezki scritto in Italiano.
Queste erano carte che per semplice curiositá da me si raccoglievano lungo
i miei viaggi, giacché si distribuivano gratis com'é uso ne' caffé
o altri simili luoghi. L'ultima mi fu data in un caffé a Milano, mentre andava
per le mani di tutti- Posso assicurare che a nessun'altro fine diretto erano da
me conservate, né mai le ho fatte ostensive ad alcuno.
Al fol. 6 e 7 poi é il mio passaporto corrente.
Al fol. 8 un passaporto di Gerusalemme.
Al fol. 9 un vecchio ed antico giornale tedesco che servivami d'invoglio a due brevetti
militari.
Al fol. 11 un notamento di spese da me fatte giornalmente, scritte di mio pugno.
Al fol. 12 e 13 il brevetto col quale fui ricevuto al servizio del Sommo Pontefice.
Al fol. 13 e 14 Altro brevetto pontificio per un grado militare conferitomi.
A fol. 15 a 28 passaporti che mi servirono ne' miei viaggi per l'Europa.
Siffatte carte erano presso di me nel momento dell'arresto, e furono consegnate
in presenza del generale, suoi Uffiziali e Procuratore G[enera]le del re. Come pure
furono consegnate le due cambiali di cui ho parlato di sopra, le quali reclamo mi
vengano restituite costituendo desse il titolo di sicurezza del mio danaro che forma
la mia sussistenza, e che non possono cadere menomamente in sospetto.
Fattagli lettura e spiega di questo interrogatorio, e domandato analogamente ha
risposto di averlo ben capito, che desso contiene la veritá ed é stato
fedelmente trascritto per cui lo conferma, variando solo nella circostanza che nell'ospedale
egli fece dimora non giá otto o dieci giorni, ma bensí diciotto o
diciannove giorni e cosí ha inteso di dire.
Quindi si é sottoscritto con Noi e col Commesso Gto [seguono le firme dell'imputato
Cristiano Cabiallavita, del giudice G. Moliterni, e del commesso Paolo Vetere]
Il cognome Cabiallavita esiste tuttora in Svizzera nella forma Cabiallavetta
a cura di Paolo Chiaselotti