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ANTICHE FORME DI COMUNICAZIONE SOCIALE

BOOKFACE



L'unica testimonianza che abbiamo di un Facebook ante litteram è il ritratto a lato eseguito da un pittore milanese del Cinquecento di nome Giuseppe Arcimboldi. Però, mentre l'inventore dell'attuale social più conosciuto e utilizzato ha voluto chiamarlo "libro delle facce", Arcimboldi chiamò la sua creazione "Il bibliotecario", che con un opportuno gioco di parole potremmo chiamare la "faccia dei libri" -bookface appunto- con riferimento alla funzione che svolgeva e alla trovata del pittore di rappresentarne il volto con una serie di libri.

Siccome in attesa di andarmene non so che cazzo fare, mi diverto a rompere i coglioni al prossimo con queste mie elucubrazioni senili. Se solo potessi essere ministro per qualche giorno mi divertirei anch'io a fingermi poliziotto o economista di un'economia comunista (suona bene vero?).
Ritornando a Facebook e a Bookface, l'uno creatura di Zuckerberg, l'altra di Arcimboldi, voglio pervicacemente continuare la mia sadica azione scroticida, invitandovi a riflettere su chi dei due abbia intuito la grande innovazione sociale del momento: ovvero il libro. Mettendoci la faccia.

Zuckerberg, assieme ad altri tre o quattro amici, lanciò una rete sociale in cui tutti potevano comunicare liberamente esprimendo opinioni, inviando messaggi, immagini, video e quanto la rete può recepire. Assieme ovviamente alla pubblicità a pagamento che rappresenta la vera ciccia di tutta la rete.

Gli utenti, felici e contenti della gratuità del servizio, si gettano a milioni nella rete, mettendoci solo ... la faccia, a volte neppure la loro ma solo un anonimo e grigio profilo facciale. Tutto questo compone il grande libro universale che ognuno, purchè iscritto, può aprire e sfogliare a proprio piacimento, per cui, in teoria, ognuno sa i cazzi degli altri, e con un effetto moltiplicatore quelli del dirimpettaio del cugino della sorella della propria madre con la quale condivide casa e pensione (si sa, il mondo oltre che spietato è piccolo).

Andiamo invece all'invenzione dell'Arcimboldi. Il pittore, non sapendo come fossero fatte le facce di ortolani, fiorai, bibliotecari, quelle vere, in carne e ossa, si divertiva a crearle con elementi, naturali o manufatti che fossero, per cui, ad esempio, al posto del naso dipingeva una carota o, come nel caso del Bibliotecario, il dorso di un libro. I suoi guadagni non andavano oltre la vendita del quadro, ma l'aspetto più interessante è (almeno per me) l'idea di creare un uomo-libro, cioè un essere umano fatto interamente di libri cioè di conoscenze di vario genere. Sia esso un lettore, o un venditore di libri, o un distributore, poco importa; ciò che importa è il rapporto dell'uomo con il libro.
Apparentemente sia Zuckerberg che Arcimboldi sembrerebbero aver fatto un'operazione analoga, anche se con rapporti invertiti: il primo mette le facce in un libro, l'altro una faccia nei libri. Ognuno dei due creatori è testimone del proprio tempo, che non mi azzardo neppure per un attimo a definire, per non essere preso, come si usa dire con una bella immagine plastica, come "il gallo all'aria" o esser preso all'arcimbolda maniera ad uova in faccia.

Ora vi lascio senza nulla concludere, come si addice ad un vero rompicoglioni, lasciando ad ognuno la possibilità di esprimere una propria personale opinione su quanto ho scritto, non esclusa quella più ovvia e banale: "Ma che cazzo hai voluto dire?!"

San Marco Argentano, 5 agosto 2019

Paolo Chiaselotti

Alcuni spunti di riflessione. Usare o essere usati? Scrivere o leggere di più? L'era della plastica è migliore dell'era della carta? È giusto dire virtuale, o è più corretto dire virtuoso? È vero che i libri, come le seghe, fanno diventare ciechi?