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Sutt'a lingua : Curiosità e approfondimenti.


LA LINGUA COLTA SUL FATTO.


" Mora Sansunu 'cu tutt'i Fili'isdei ", lo sentii dire da una persona che interpretava benissimo il concetto biblico tranne per quella variante dialettale del nome Filistei.
Fu lo stesso improvvisato biblista a spiegare che i fili'isdei erano i figli di Dio con una parafrasi esplicativa del suo pensiero che suonava così:   " Eh, scusate, s'haia mori iu, murissaru tutti i figli 'i 'Diu " ! Insomma Filistei fu interpretato come figli di Dio.
Non mi pare che la definizione abbia avuto alcun seguito, però ve ne sono altre che sono entrate a pieno diritto nella parlata locale, come alcuni nomi di contrade (Cuoddr'u lupu diventato Colle del Lupo, Serra d'Ajima tradotto in Serra d'asina e, come ho scoperto da poco, Serra Marramma trasformata in Serra Maddamma)

Quell'episodio e tante altre citazioni, che ho ascoltato sempre con attenzione e rispetto, mi hanno fatto riflettere sulle origini di un dato termine o di un'espressione, spingendomi, per un'innata curiosità verso lingue, dialetti e parlate locali, ad indagare sui motivi per cui essi diventarono un vero patrimonio lessicale, pur essendo, come molte vicende umane, frutto di errate interpretazioni.
Volendo ripercorrere a ritroso la storia di un vocabolo o di una locuzione, per trovarne l'origine, accade spesso che cerchiamo immediatamente l'etimo nel greco antico o nel latino, quasi fossimo tutti eredi diretti di cittadini della Magna Grecia o dell'antica Roma, ma difficilmente pensiamo che quella parola o espressione possano essere solo uno sbaglio.

Tanti anni fa, quando ero un bambino, ricordo che caddi a faccia in giù e tornai a casa con un occhio abbummulatu. Mia zia versò ripetutamente da un gummulu un po' d'acqua fresca su una pezza che mi applicò sull'occhio. Mi convinsi che l'acqua del gummulu serviva per gli occhi abbummulati e quando mi capitò di vedere una donna che portava tre gummuli, uno in testa e gli altri in ciascuna mano, le chiesi quanti occhi abbummulati ci fossero a casa sua. O che non seppi esprimermi bene o che non fui capito, fatto sta che mi rispose sgalapata *:   " Va' piglia 'ppi fissa a mammita! "

A distanza di tanti anni ripropongo a voi quel dubbio, trasformatosi in anni recentissimi in ricerca etimologica: qual è stato il processo lessicale che ha separato il nostro gummulu dagli altri bummuli calabresi?

Io una risposta l'avrei, ma aspetto fiducioso che qualche ricercatore tra una cinquantina di anni, frugando tra inutili anticaglie, trovi un vecchio contenitore di terracotta con la scritta " U' GUMMULU DI SAN MARCO ARGENTANO " e mi dia la sua versione dei fatti.
Sono proprio impaziente di sapere cosa mi dirà!

* Sgalapatu significa sgarbato. La voce è un esempio di come un vocabolo possa assumere significati diversi col passare degli anni o addirittura essere trasformato. Il nostro concittadino Stefano Langella ce l'ha proposta con il seguente significato: imperfetto, senza forma, dai contorni indefiniti, per estensione trasandato.
In altra occasione lo stesso concittadino ha arricchito il nostro Dizionario Sammarchese con un altro termine: Gapulu attribuendogli il significato di soffice, non pressato. Gapulu è una metatesi del vocabolo dialettale galapu, che significa garbo, gentilezza (gar'bu --> garabu --> galapu).


Paolo Chiaselotti (classe 1941)


San Marco Argentano, 19 agosto 2022

Paolo Chiaselotti