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Sutt'a lingua : Curiosità e approfondimenti.


I PIGNATELLI.

Perdonatemi per gli espedienti con cui talvolta cerco di attirare la vostra attenzione. Nel caso di oggi ho pensato di utilizzare il cognome e il blasone di un'illustre famiglia napoletana per arrivare al mio scopo, cioè parlare di un argomento di tutt'altro genere, anche se la prefazione si addice pienamente ad esso.

Come molti sanno gli stemmi araldici delle famiglie nobili, o storiche che siano, contengono una o più figure simboliche che ricordano palesemente l'origine del cognome o alludono alla sua etimologia. Nel caso della famiglia Pignatelli tre piccole pignatte di terracotta sono la trasposizione simbolica del cognome napoletano, laddove le dette ceramiche sono chiamate pignatelli, per una certa somiglianza di alcune di esse alla forma di una pigna capovolta.

Le famiglie fondavano la loro nobiltà non tanto e non solo su eventuali titoli feudali quanto, piuttosto, sulla datazione, la più lontana possibile, della loro presenza e della loro attività.
Per farla breve i signori Pignatelli erano in origine artigiani della creta, figoli, come si diceva un tempo, o vasai o ceramisti. Ma se avessero usato una di queste voci per affermarsi nella Napoli del tempo, e poi in altre regioni del Meridione, fin dall'epoca tardo longobarda, non avrebbero "sfondato", mentre Lucio, uno dei capostipiti il cui nome ricorre in un documento del 1102, compare con il cognome originario di Pignatiello.

La loro storia è nota e ognuno se la può andare a leggere sulle centinaia di pagine WEB pubblicate in rete o su qualsiasi enciclopedia, ma qui mi preme mettere l'accento sul fatto che per chiamarsi a quel modo i Pignatelli facevano o meglio avevano fatto la loro fortuna producendo pignatielli.

San Marco che vanta una storia antica e corposa ebbe esponenti, diretti e indiretti, di varie famiglie illustri, come Sanseverino, Gonzaga, Catalani ecc., ma a quanto mi risulta, non ho trovato alcun documento che parlasse di un qualche vincolo parentale con la nobile famiglia napoletana. Vi dirò che per scrupolo sono andato alla ricerca in rete dell'accoppiata pignatelli-san marco argentano, che mi ha dato come unica risposta la presenza in loco di un punto vendita della prestigiosa casa di moda di un erede del nobile casato.

Ora, perdonatemi l'ardire e mi perdonino soprattutto i tanti discendenti di questa famiglia, a me, che guardo alla storia come fa il gatto con il topo, nel senso che di tanto in tanto do un'occhiata in questo o in quel pertugio, un po' per gioco e niente affatto per fame di sapere, l'idea che questa famiglia, per assurdo, si fosse stabilita anche a San Marco, si accompagna all'immagine di un popolino arguto e impertinente che non bada tanto alla forma quanto alla sostanza.
E in questa allucinazione storica mi pare di sentire chi, interpellato da un forestiero, come me del resto, su che cosa facessero i rappresentanti di questa indiscutibilmente nobile famiglia a San Marco, mi risponde con noncuranza: Facienu pignatieddri.
E poiché non c'è limite alla fantasia ecco che mi pare di sentire un'altra persona lì presente chiedere meravigliata: Perché? Su' tutti muarti?!

Chiudo questa paranoia e vado alla conclusione.

La prima volta che sentii un'espressione dialettale molto simile a quella sopradetta fu quando chiesi ad un sammarchese "doc" da quanto tempo fosse morta una certa persona ed egli mi rispose con una frase sibillina: Eh, n'ha fattu pignatieddri ..., aggiungendo subito dopo che erano passati bell'anni.

Oltre che per la storia guardata attraverso un buco, sono affascinato, pardon! incuriosito, dal dialetto, con cui da oltre sessant'anni cerco, invano, di soppiantare il mio accento veneto, e in modo particolare dalle tante varianti che quotidianamente apprendo o approfondisco.

Proprio oggi, nonostante più di una persona abbia cercato in passato di farmi capire il significato di fare pignatieddri, un barlume di luce mi si è aperto nella mente, quando con estrema naturalezza un amico mi ha spiegato che i pignatieddri son fatti di terra, guardandomi poi negli occhi come a voler dire: Ancora 'un ha capitu?!

Assodato che i pignatieddri sono fatti di terra, cotta, il problema è: perché il defunto avrebbe fatto pignatieddri non essendo un vasaio?!

Il problema, al contrario dei Pignatelli, non era che cosa facesse in vita, ma che cosa facesse dopo morto, sepolto e soprattutto dove.

Ma come non pensarci prima?! Il morto stava sotto terra, ovviamente, dove era stato inumato, come si faceva sempre in passato, al contrario di oggi che i cadaveri vengono tumulati in loculi o cappelle. O cremati.

Insomma, era il morto stesso a fa' i pignatieddri, perché essendo ormai ridotto in cenere nella terra, reimpastato e cotto, risorgeva sotto altre spoglie!
Se qualcuno mi chiedesse di tradurre in italiano la frase anzidetta non saprei assolutamente dare una risposta. Anche la massima latina, tratta dalla Genesi, Pulvis es, et in pulverem reverteris, non rende affatto la filosofia del detto sammarchese, in quanto u pignatieddru, prodotto dalla terra mista alle ceneri del defunto, sarebbe servito per cuocere alimenti, perpetuando, quindi, il ciclo vitale.

Mi sono chiesto anche chi mai possa aver usato per primo questa espressione, direi quasi esoterica, per indicare il tempo trascorso dopo la morte.
La risposta mi è venuta spontanea: certamente colui che faceva i pignatieddri.

San Marco Argentano, 22 luglio 2022

Paolo Chiaselotti

Pensando alle mie origini triestine, quasi per gioco, sono andato alla ricerca di qualche espressione in dialetto triestino paragonabile a quella sammarchese. Non ci crederete, ma l'ho trovata! Sapete che cosa fa chi è morto ... a Trieste? Sburta radicio ..., letteralmente spinge il radicchio, ovvero, essendo sottoterra, aiuta il radicchio a spuntare e a crescere!