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L'EPILOGO
Sentii aprire la porta. Era mia moglie che parlava con qualcuno. Riconobbi la voce
di Luigi, il medico.
Colsi alcune parole di lei:
"Il tremore della mano è aumentato",
poi quelle di Luigi:
"Penso che ci sia di più: l'Alzheimer. Non ha più la cognizione
del tempo ... Ascolta, canta la Marsigliese"
Smisi di cantare e rimasi immobile. Le voci si avvicinavano.
Luigi continuò:
"C'è anche la sua mania di persecuzione che mi preoccupa ...
"
E mia moglie:
"Gli scrivono da ogni parte del mondo per ringraziarlo di aver trovato legami
parentali, e lui è convinto che vogliano ammazzarlo ... che facciano tutti
parte di un'associazione, la G. di M.F."
E Luigi aggiunse:
"Si, l'altro giorno ho visitato il brasiliano, Ozzuddio, a cui ha quasi provocato
una lussazione dell'omero. L'ho convinto a non sporgere denuncia dato lo stato di
salute ...".
Accesero la luce della stanza dove c'era quello strano raduno silenzioso.
Io, in piedi, stanco dopo la lunga marcia, li osservai in silenzio. Sdoppiato.
Tutti mi guardarono come si fa con una persona alla quale si vuole ritardare l'annuncio
di una triste notizia.
D'un tratto, come se avessi dovuto difendermi da una tacita accusa, gridai:
"Tutto vero, verissimo!"
Abbassai di colpo il tono della voce e come parlando a me stesso, guardandomi le
dita della mano, continuai:
" ... l'anello giacobino e ... l'orbita oculare ... lo scarabeo ... forse ...
"
Mi rivolsi a una delle persone presenti che non conoscevo:
"Io non ho rubato la storia a nessuno, gli altri me l'hanno rubata per riscriverla."
Poi dissi all'uomo che sembrava non ascoltarmi:
"Non è vero che mi volevano uccidere?! È falso?! Ho inventato
tutto?!"
Mi guardai intorno. Tutti avevano lo sguardo rivolto altrove.
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"Si, è vero che è tutto falso come sembra, ma l'emmekappa sette
sette è peggio dell'acido muriatico ... " continuai, rivolgendomi
ad una donna che teneva il volto tra le mani.
"Poi, però, quando riscriveranno la storia diranno che serviva ad illuminare
... les lumieres ... la raison ... " dissi abbassando il tono della
voce.
Girandomi guardai un quadro appeso alla parete, ... il prete ... e pensai agli altri
quadri che avevo dipinto prima di ...
Misi la mano in tasca cercando qualcosa che mi mancava. La estrassi vuota come era
entrata e la osservai chiedendomi perché le dita del pittore erano nella
mia tasca. Le posai lentamente e con rispetto sul divano, sedendomi fra i due cani.
Lucy cominciò a leccarle. Lilly non si mosse.
Quando la toccai mi accorsi che il corpo era freddo. Aveva finito di vivere.
"Chissà dove vanno i cani dopo la morte?" chiesi con lo
sguardo fisso oltre la parete.
"Ci penseranno le pupe ..." rispose una voce dal buio della stanza.
La donna più anziana si avvicinò e si sedette accanto a me. Prese
le dita ancora bagnate dalle bave di Lucy e osservò che avevano le unghie
lunghe.
Emisi un guaito, seguito da un latrato, poi, sollevando la testa e allungando il
collo, cominciai ad ululare sempre più forte.
Era la notte di plenilunio di mercoledì 16 novembre 2005.
Qualcuno digitò pochi numeri sul suo cellulare.
"Ha perso la ragione ..." furono le ultime parole che riuscii a
comprendere.
FINE
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