|
UNA STRANA VISITA
Ero al lavoro da almeno due ore, quando mia moglie mi chiamò per dirmi che
nella piazza, sotto le nostre finestre, c'erano Luigi e Serena. Mi affacciai senza
aver capito di chi si trattasse. Luigi era un medico, a cui mia moglie aveva fatto
scuola da ragazzo, Serena era la sua compagna, un'artista. Vivevano in Versilia.
Salirono a casa prima che potessi avviare le procedure per mettere in standby
il computer.
Luigi apparteneva ad una delle famiglie più antiche del paese, ne avevo trovato
la presenza fin dal Settecento attraverso le mie ricerche.
Mestieri e professioni diverse che si intrecciavano con matrimoni importanti e qualche
piccola divagazione extraconiugale; nell'insieme un percorso generazionale che facilitava
i suoi discendenti nei rapporti umani e in una visione laica della vita. Mia moglie
gli voleva bene e io lo guardavo con una certa ammirazione, per tre motivi: per
essere un professionista preparato, per la sua passione per il jazz e per il fatto
che la sua compagna discendesse da una famiglia di artisti toscani, che avesse gli
occhi di un azzurro intenso e un sorriso che mi faceva star bene.
Parlai a lungo del lavoro che stavo facendo, della corrispondenza con discendenti
di italiani all'estero, della genealogia della famiglia di Luigi e di altre cose.
Non accennai affatto ai pericoli che avevo attraversato e a quelli incombenti.
Di colpo mi fermai. Avevo notato che Serena, Luigi e mia moglie stavano più
attenti alle mie mani che a ciò che dicevo. Mi guardai le unghie. Erano un
po' lunghe. Appoggiai le mani sulle gambe, nascoste dal tavolo al quale eravamo
seduti per prendere un aperitivo.
Ci fu un attimo di silenzio. Mia moglie scosse la testa e sorrise imbarazzata. Serena,
fingendo che non fosse accaduto nulla, si girò verso il PC e vedendo quei
diagrammi di flusso con forme geometriche diverse e di vari colori, mi chiese che
cosa stessi facendo. A quella distanza non poteva leggere i nomi, i luoghi e i fatti
che vi erano scritti e le parve di scorgervi un disegno astratto. Si alzò
e si avvicinò allo schermo, che dannatamente conteneva un rettangolo verde
con il cognome del suo compagno collegato ad un altro in cui erano segnate alcune
parole cifrate.
|
Chiamò Luigi dicendogli che sul computer c'era anche il suo cognome. Mi chiesero
cosa significassero tutti quei simboli e quei nomi. Risposi in maniera alquanto
sibillina che era una specie di gioco storico in cui avevo messo i buoni
e i cattivi e che Luigi discendeva dai primi.
Non capirono granché, ma si meravigliarono della quantità di lavoro
che certamente mi aveva costretto ad un uso forse troppo prolungato del mouse. Luigi
mi suggerì di stare attento e mi chiese se avvertivo dolori o tremori alla
mano. Colsi una sua occhiata fugace verso mia moglie e un lieve cenno con la testa
di lei.
Cambiò di colpo argomento e mi disse che tra i suoi antenati vi era una donna
nata da genitori sconosciuti. Il padre naturale non volle mai riconoscere la figlia,
che, cresciuta, andò sposa ad un suo antenato. A casa conservavano ancora
il suo corredo contrassegnato con la sigla "G.di M.F".
Ci salutammo con lo stesso affetto di prima.
Tornai al diagramma e spostai alcuni nomi nella lista dei "cattivi". Poi
andai a tagliarmi le unghie.
|