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L'UOMO VENUTO DAL BRASILE
Chiunque abbia un po' di conoscenza del nostro dialetto sa che faccia tagliata
equivale a delinquente. Non è detto che chi abbia una cicatrice sul volto
sia un potenziale tagliagole, ma vi assicuro che non è piacevole trovarsi
di fronte una persona del genere, la sera, in un vicolo già semibuio, mentre
vi chiede, accendendosi una sigaretta, di indicargli dove abita una persona. Soprattutto
se la persona siete voi!
La prima cosa che mi venne alla mente fu la mia ricerca sull'Ottocento.
A voi questo accostamento può sembrare incomprensibile. E non solo a voi,
anche a me, ora che conosco i fatti. È davvero assurdo pensare che solo per
aver fatto una ricerca d'archivio, e per aver visto vecchie carte, ingiallite dal
tempo, corrose dall'umidità e rosicchiate dai topi, mi fossi potuto trovare
in una situazione di tal genere.
Se avessi potuto cancellare tutto, togliendo dalla rete ciò che vi avevo
immesso, lo avrei fatto subito per evitare guai peggiori, ma non sarebbe servito
a niente perché un signor R. dal Brasile mi aveva detto di aver scaricato
l'intero sito, cioè l'oggetto di tutte le mie ricerche.
Non avrei dovuto rispondergli. Tutto qui. E ora, ripensandoci, non avrei neppure
dovuto trascinare in questa incredibile storia coloro che in tanti anni mi hanno
chiesto notizie sui loro antenati.
Infatti -non ve lo avevo ancora detto- molte persone dall'estero, scoprendo sulle
mie pagine che il loro cognome era presente a San Marco nell'Ottocento, mi avevano
scritto per avere maggiori informazioni sulla famiglia d'origine.
A volte, in tali corrispondenze, c'era uno scambio di conoscenze e di esperienze.
A voi spiegherò in seguito perché nutro il timore che anche quelle
persone possano essere coinvolte in questa incredibile storia, a loro vorrei chiedere
di perdonarmi per essere stato la causa del coinvolgimento.
Mi rivolgo soprattutto a Bete, la più giovane visitatrice del sito, ma anche
a Alejandro, Fernando, Débora, Francisco, Robert, Rosie, Evaristo, Dmelgar,
Fred, Alda, Kathrin, Teresita, Joe, Regina, Andrés, Hercules, Stella, Cris,
Paulo, Dennis, Jose Pedro, Aparecida, Vitor, Ivan, Marta, Jorge, Leandrito, Louis,
Patricia, Nicholas, Edna, Patricia, Rafael, Ana, e a tante persone che mi hanno
scritto e di cui ora mi sfuggono i nomi, ma la cui identità terrò
nel segreto del mio cuore. E nel mio personal computer.
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A meno che l'intera rubrica di posta elettronica non sia già stata copiata
da qualcuno, il quale avrebbe in mano indirizzi, argomenti, piccoli e grandi segreti
e, quel che più conta, fatti molto riservati.
Spero proprio di no.
Perché, vi chiederete, la presenza di quell'uomo era dovuta alle mie ricerche?
Seguitemi.
Il tizio che mi sono trovato davanti aveva una cicatrice dall'angolo della bocca
fino all'orecchio, ma questo poteva anche essere un particolare trascurabile, anche
se a quell'ora in un vicolo deserto, la differenza la fa.
Che cosa lo collegava con ciò che avevo trovato nei documenti d'archivio?
Mi disse che non era mai stato a San Marco, ma il suo bisavolo era nato qui, in
questo paese ed era conosciuto con il soprannome di "Scela". Disse
proprio così.
Avevo letto in una delle tante deliberazioni del consiglio che la scarcerazione
di un pericoloso individuo, detto Scela (uso il nome così come fu pronunciato
dallo sconosciuto), aveva gettato il panico nel paese. È uno dei tanti argomenti
che compaiono sul sito.
Sto parlando di fatti avvenuti nei primi anni Sessanta dell'Ottocento, mentre la
persona che mi chiedeva dove abitasse colui che si occupava di ricerche genealogiche
era lì, di fronte a me, in questo secolo, in questo anno, solo alcuni mesi
fa. Sapeva che c'era una persona che ricostruiva gli alberi genealogici delle famiglie
vissute a San Marco.
La persona che cercava ero io.
La cicatrice e il soprannome, anche se storpiato, mi fecero immediatamente ricordare
le parole della deliberazione che riguardava il suo antenato: "un manutengolo
che la vita l'ha passata tra i camorristi delle prigioni".
E tale mi sembrò essere quell'individuo, sia per il vistoso segno sul viso
e sia per il modo di fare sospetto.
Un'idea sciocca mi attraversò la mente, una di quelle che vengono quando
non sappiamo dare spiegazioni agli avvenimenti che ci accadono all'improvviso: che
fosse il fantasma dello scellerato individuo che aveva a lungo terrorizzato il paese
in quegli anni?
Cominciai a riflettere.
Quando e dove era comparso davanti a me? E se non era un fantasma non poteva essere
il frutto di immaginazione, la materializzazione di un pensiero, visto che mi trovavo
nei luoghi dove il famigerato Francesco C. alias Scela era nato e dimorava?
Come ho detto prima, cerco sempre di razionalizzare ciò che all'apparenza
può apparire misterioso, e non potevo escludere che la mia mente, occupata
in quei giorni nel lavoro di ricerca e di pubblicazione sul sito, potesse farmi
vedere cose inesistenti.
Già in un'altra occasione ero rimasto atterrito da un episodio che potrebbe
rientrare tra i cosiddetti fenomeni paranormali.
Voglio raccontarvelo perché l'esperienza ci aiuta a capire come il soprannaturale
sia in stretto contatto con ciò che chiamiamo naturale.
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