L'OTTOCENTO DIETRO L'ANGOLO - ROMANZO
Copertina Romanzo

GALANTUOMINI E BRIGANTI

Nella serie di vendette e di oltraggi reciproci che si consumarono per tanti anni, giungendo fino ai nostri giorni come vedremo in seguito, rientra l'uccisione di Antonio Chiarelli.
"Piccerì" raccomandava alle sue figlie "guardateve di' galantommi", sapendo che i cosiddetti galantuomini erano peggiori dei briganti e che spesso questi ultimi venivano utilizzati dai primi per vessare la povera gente.
Concetta, la più grande delle sue cinque figlie, sentiva la mancanza del nonno Gennaro, che la portava sul calesse in giro per i quartieri più belli della città. Era il cocchiere della nobile famiglia degli Ajala, che abitavano "alla Capitale di Napoli", grazie ai quali il figlio Antonio aveva potuto arruolarsi nella gendarmeria reale e diventare un graduato.
Concetta pianse quando dovette seguire il padre nella nuova destinazione in Calabria, e una volta giunta a Sammarco, ebbe la sensazione che i monti intorno fossero le sbarre di una prigione. Le mancavano il mare e gli spazi aperti a cui era abituata e la casa di Sammarco dal soffitto basso, di sole tre stanze, condivise con il padre Antonio, la madre Francesca Cimino, il fratello Gaetano e le sue quattro sorelle, le ricordava la stalla del palazzo dove il nonno Gennaro strigliava i cavalli.
Non le parve vero quando seppe che avrebbe prestato servizio in casa del giudice, una bella dimora nel quartiere sottostante quello della piazza di basso, abitata da persone importanti e, anche dai due giovani figli del magistrato.
Ordinava, sistemava, cuciva e dirigeva anche i lavori che dovevano essere svolti da altre domestiche. Insomma svolgeva le funzioni che avrebbe svolto la moglie del giudice se fosse stata in vita.
Chi dei tre uomini l'avesse messa incinta non si sa, né lei volle dirlo, quando, piangendo, dovette spiegare alla madre i motivi di un deliquio e della pancia più voluminosa.
Il padre, non sapendo a quale dei tre galantuomini attribuire la paternità e soprattutto temendo di provocarne una qualche reazione che avrebbe potuto danneggiare lui e la sua famiglia, accettò la nascita della nipote, Maria, come un fatto ineluttabile.
Il suo silenzio non servì a salvarlo, perché i galantuomini non solo non tollerano che si possa parlar male di loro, ma finanche che si possa pensar male. E il pensiero di un padre, per quanto non espresso, in quel caso si leggeva in volto, soprattutto se quel padre era un gendarme reale a stretto contatto con chi amministrava la giustizia e ne riceveva ordini e incarichi.
Chiunque a Sammarco avrebbe dato credito al giudice e ai suoi bravi figlioli piuttosto che ad un gendarme, venuto da Napoli, che aveva mandato la propria figlia, già incinta, in casa di quei galantuomini, per addossare loro, dolosamente, la responsabilità di una paternità, che, a loro insindacabile giudizio, era frutto di un incesto.
Difficile opporsi al destino, soprattutto quando esso è in mano della gente per bene. Antonio Chiarelli fu trovato nel quartiere del Crité, lontano dalla piazza di basso, riverso in una pozzanghera di sangue e con un taglio sul volto. Ad ucciderlo una palla di fucile nella schiena.
Perché quel taglio inutile? Le indagini indirizzarono i sospetti sull'unica persona che poteva aver motivi di vendetta: Francesco C. Ne sentirete parlare nel seguito del racconto e capirete perché ora non ne indico il cognome. Poiché il presunto omicida era già in carcere, si disse che fosse stato il mandante.
Due anni dopo questa morte, Rosina Chiarelli, la secondogenita di Antonio, si sposò con un sergente di servizio a Cerzeto, Filippo Donadio, il quale dalle confidenze di un informatore seppe che il padre della sua sposa era stato ucciso da un noto brigante del luogo su commissione di una persona di grande rispetto.
Filippo non poté scoprire di più, ma riuscì a dimostrare che il taglio non era il segno di una vendetta, bensì un espediente per dirigere le indagini in altre direzioni.
Passarono più di dieci anni, cambiarono il giudice e il governo, e alla vedova Francesca Cimino, al figlio Gaetano e alle figlie fu riconosciuto il "diritto al Fondo raccolto dalla sottoscrizione nazionale per le vittime del brigantaggio". Era il 21 luglio 1863.
Nella casa del giudice abitò alcuni anni addietro un mio amico, che sapendo dei miei interessi per la storia locale, mi mostrò un foglio che aveva trovato in casa. C'era scritto testualmente: "Io giuro davanti Addio che il S.r giudice e i figli mai mi hanno toccato che è stato uno che non posso dire."
Il foglio era firmato: Concetta.
La dichiarazione non fu mai usata perché non ci fu alcun processo, ma non è improbabile che essa le fosse stata estorta con la forza.
Ad ogni modo, Maria, la figlia di Concetta, nata nel 1850, dopo alcuni giorni morì di morte naturale e nessuno la pianse.
I discendenti di persone vagamente citate in questo racconto ora sanno che ho scoperto ciò che fu a lungo occultato dai loro antenati sottraendo fascicoli delle indagini. Le persone di oggi non sono diverse dei loro antenati: non si chiamano più galantuomini, ma occupano importanti incarichi a livello internazionale. Per impedirmi di proseguire il mio racconto potrebbero commissionare un incidente o un delitto anonimo, di cui si potranno conoscere un giorno gli esecutori, ma difficilmente si troverebbero prove contro i mandanti.
Ecco spiegato uno dei motivi per cui ho voluto coinvolgervi in questa vicenda. Il fatto che io non sia l'unico a conoscere la verità rende la mia vita più sicura.
A meno che non pensino di compiere una strage!
 
 

L'Ottocento dietro l'angolo romanzo di Paolo Chiaselotti